martedì 25 dicembre 2007

natale

in attesa di cercare nel vino la sopravvivenza a lunghe ore coi parenti, le sorelle se la ridono elficamente vestite (montà docet).

lunedì 24 dicembre 2007

occhi

gli occhi, sono quel che mi colpisce. lucidi, rossi. quasi sempre. vuoti. anche quando sono nascosti dietro alle lenti scure degli occhiali da sole o a sorrisi stiracchiati. occhi che raccontano lunghi mesi, fermati nello scatto della macchina digitale.

clic.

sfoglio le cartelle delle foto del 2007 e mi costa una grande fatica. vorrei stamparne, per coprire i segni dello scotch sulle pareti, affiorati stamattina quando ho deciso che da qualche parte dovevo iniziare per riappropriarmi un minimo della stanza.

sfoglio le immagini, e dentro gli occhi resi troppo verdi dalle lacrime ritrovo tutto. e mi sembra così remoto e così presente.

mi chiedo come abbiano fatto le ragazze a esserci, a cercare di tirarmi fuori. mi spiego perché altri hanno deciso di non farlo, di girare spalle e tacchi.

così mi accorgo di cercare di cancellare. di chiudere il ricordo a certi volti, a certi luoghi. ma non sono brava a dimenticare, così come non lo sono a mettere i punti, ad accettare le fini. e capodanno si avvicina, e tutto fa un po' più male. inevitabilmente.

sabato 22 dicembre 2007

13 ore

atterrita dall'idea di ammalarmi per natale, ieri sera ho preso di petto l'inizio dell'influenza con una cura d'urto. tornata dalla redazione mi sono infilata direttamente a letto con un anti-influenzale. erano le 19.30.

mi sono svegliata (a parte un momento di delirio verso le 3.30) stamattina alle 8.30. tredici ore filate.

influenza, non avrei le mie ferie.

venerdì 21 dicembre 2007

a cipolla

dal mio dna milanese ho recuperato il gene della sopravvivenza invernale: l'arte antica del vestirsi a strati. altrimenti detta, abbigliamento a cipolla.

mercoledì 19 dicembre 2007

verso mezzanotte

sono le 23.55, e sono sola. sono sola e ho gli occhi piccoli, dopo due puntate di scrubs e due di sex and the city. e dopo un pomeriggio attaccata a internet in compagnia di secondamano alla ricerca di un appartamento da chiamare casa.

ho gli occhi piccoli e il dolcevita rosa, perché fa troppo freddo nel dicembre milanese. e le mani si screpolano e sono sempre ghiacciate, soprattutto la destra che deve badare al mouse. sulle mie, di mani, sono apparsi due nuovi nei. piccolissimi. belli. sulle dita. uno sulla mano destra, uno sulla sinistra.

sono sola e non mi piace un granché. basterebbe poco in questa mezzanotte che arriva. una chiacchiera, una risata, una birra da passarsi. perché in fondo il fatto è che a furia di non fare nulla viene voglia di non fare nulla. semplice.

martedì 18 dicembre 2007

mercoledì 12 dicembre 2007

mi accorgo che

in due giorni mi accorgo che a milano:
- quasi tutti i ragazzi sono palesemente gay (o tamarri a metà strada tra il giambellino e justin timberlake)
- quasi tutte le ragazze sono parecchio fighe (oppure se la sentono)
- davanti alla mondadori ci può essere una fila infinita di gente che vuole vedere fabio volo
- "mi sa che li vedevi di più quando stavi a roma"
- piazza del duomo illuminata per il natale è uno spettacolo
- bisogna avere gli stivali (meglio se scamosciati) con i jeans infilati dentro
- essere vestiti strani e/o male è normale
- esistono eventi mondani in open space che sembrano usciti da new york, con pr perfettamente parrucchierate, giovani in stile costantino&velina, mamma-giovane-e-figa con marito e pargolo
- alle presentazioni delle cucine si fa sempre il risotto
- alle presentazioni tutti bevono a sfare
- da tezenis vendono un completino guepiere e slip rosso coi bordi di pelo bianco da babba natale sexy
- natale è una gran seccatura
- la noia abita in via california
- quelli con gli auricolari del lettore mp3 o dell'ipod sono decisamente la maggioranza

lunedì 10 dicembre 2007

l'ufficio è al primo binario

giusto perché un weekend senza treno pare strano, me ne sono andata a spotorno. cullata dal regionale preso milioni di volte ho dormito-sognato-ascoltato musica raggomitolata nel sedile.

poi ho spalancato gli occhi sulle strade così conosciute, ho giocato a fare la giovane chocolatier, ho respirato il vento. ho mangiato farinata e bevuto vino rosso. poi, dopo molte ore, mi sono accorta di non avere più il portamonete boliviano. dentro, soldi patente bancomat.

sera a pensarci, notte a pensarci, risveglio a pensarci (prime parole dette alle otto del mattino: "uuuh il mio portafogli"). chiamo la polfer di savona, tanto per. non ci credo affatto, sono pronta a passare la domenica dai carabinieri di spotorno per la denuncia.

"ce l'abbiamo qua, dentro c'è tutto, può passare quando vuole". gioia et gaudio. amore per la polfer.

sabato 8 dicembre 2007

santa maradona

- francesca non è mai stata una storia seria
- e cos'è una storia non seria, si scopa ridendo?


(fortuna che c'è l'hard disk. e poi ho scoperto che devo trovare uno pseudonimo, per firmare qualche pezzo. come si può chiamare un'altra me?)

venerdì 7 dicembre 2007

a long december

l'esperienza insegna che, statisticamente, dicembre dà alla testa.

venerdì 30 novembre 2007

il cielo su milano

a inizio novembre ho sfidato il cielo di milano. vediamo un po' che riesci a fare, io ti tengo d'occhio. giorno dopo giorno.


a volte mi sono dimenticata, altre ammalata, altre confusa. ma questo è un riassunto delle sfumature grigio-azzurre sulla città a novembre.

giovedì 29 novembre 2007

tabù

oggi a pranzo ho mangiato sushi. io che odio il pesce, oggi a pranzo ho mangiato il sushi.

così mi trovo ad affrontare, ora che mangio a scrocco di professione, i miei tabù alimentari. ho mangiato radicchio, ho mangiato brasato, ho mangiato sushi.

tabù di gusti da smontare, da scardinare piano piano. c'è il sushi? si mangia il sushi.

ma non è solo il cibo, anche se ora attraverso il cibo me ne rendo conto. ho oltrepassato, abbattuto, superato tabù quest'anno. mesi e mesi di tabù lasciati alle spalle, per voglia o per bisogno o per caso.

il dolore, le lacrime, la dipendenza, la gioia, l'oblio, la rabbia, il sesso, i filtri, l'alcol, restare fino all'una a dormire, la paura, l'estroversione, l'introversione, il sonno, la veglia, i chilometri, la staticità, gli occhi piccoli, l'affidarsi, il prendersi cura, il cambiamento, il corpo nudo, il cuore nudo.

mi spoglio dei miei tabù, e non so che significa. forse che divento un po' più me stessa, forse che cresco, forse che mi allontano un po' da quel che ero.

mercoledì 28 novembre 2007

discorso delle strade

mi chiedo spesso come, una persona che non ci è mai stata, veda strade che sento mie. via california qui, piazza bologna giù. cosa sembrano a chi non ci è cresciuto, a chi non ci ha vissuto?

quando mi trovo in strade nuove provo sempre una strana sensazione. come se fossero irreali, come se fossero non strade. finché non diventano minimamente conosciute, sono assolutamente anonime. a due dimensioni invece che a tre. uno sfondo, non un luogo.

a roma le strade hanno perso velocemente questa caratteristica. anche zone che non conosco hanno un che di reale, di vivo. a milano no, tutto il contrario. percorro marciapiedi e corsie, e ogni volta mi sembrano sorprendentemente sconosciute.

così oggi mi sono trovata in piazza sempione (a magnà gratis) e mi sono resa conto che non la riconosco affatto. nulla mi affiorava in mente guardando il grande arco semi-impacchettato, i lampioni con tre luci, la grande piazza che - nel buio - neanche si vede dall'altra parte.

e sul 29/30, tram di legno e luci calde, questo senso di turismo poco cosciente è restato lì. accanto alla scritta vietato sporgersi.

domenica 25 novembre 2007

posto 86, carrozza 9

treno per milano, posto 86, carrozza 9. scrivo qua mentre il cielo diventa sempre più buio, ma le nuvole ancora fanno sgranare gli occhi.

piano piano le mani hanno smesso di tremare, il cuore è tornato a una velocità vagamente normale. gli occhi sono di nuovo asciutti, nessuna goccia tonda minaccia di scivolare giù.

sarà il pranzo della domenica, con il gatto e i cannelloni-crêpe, il tiramisù di pompi e la birra che "non è che mi passaresti un po' d'acqua?". sarà che i weekend sembrano incredibilmente corti. saranno i racconti di normali cazzi e di gente che canta vincerò. sarà la resaca del giorno dopo, comunitaria come tutto il resto.

saranno le farfalle nello stomaco e il sabato pomeriggio a lunghezza. sarà il vestitino nero scelto dopo una sfilata in cucina. o la borsa di costi che poi è di tutte. sarà una festa in cui si balla e si beve oltremodo, ed è buffo.

sarà l'ansia della partenza, il pensiero già lanciato al prossimo ritorno, gli abbracci. la valigia da fare, la stanza che per quanto la svuoti resta sempre piena. e donatella che arriverà.

non ci penso, di solito, a cosa significhi essere emozionati. quando accade, però, leva il fiato. annebbia i pensieri. riempie la gola. fa tremare le mani.

così ora ho appuntato alla maglietta un fiore di stoffa. e basta abbassare gli occhi per sapere che è lì.

domenica 18 novembre 2007

il vecchio alex

si cercava di ricordare una frase di jack frusciante è uscito dal gruppo. così l'ho ripreso in mano, questo libro che sa di adolescenza. la copertina stretta e lunga con la bici disegnata, il dorso rosso ormai consumato, le pagine stropicciate. l'edizione è la prima famosa, baldini&castoldi del 96, lire 22mila. comprata una mattina di terza media prima di andare al mare coi miei.

sfogliarlo e correre tra le lunghe parentesi e gli a capo senza maiuscola è strano. riporta nella testa e nella pancia le sensazioni della prima lettura, di quando neo-quattordicenni si iniziano a sentire le farfalle nello stomaco e alex e aidi, i due protagonisti, accendono un'empatia che forse allora non si poteva spiegare. come due di due di de carlo.

nelle pagine ritrovo frasi sottolineate una vita fa e che mi ricordo come se le avessi lette ieri. perché sono state pensate, raccontate e citate milioni di volte. e mi viene in mente, grazie ai segni fatti con una matita più leggera, che jack frusciante l'avevo recensito pure per il giornalino del liceo (quando tempo fa ho incontrato il mio bambino, quello a cui facevo fare i compiti, mi ha detto «sto seguendo le tue orme, anch'io scrivo nel giornalino della scuola»).

ah, la frase era inutile e triste come una birra senz'alcool. non l'ho cercata. semplicemente l'ho trovata, alla fine di un capitolo.

venerdì 16 novembre 2007

la cura di dottor house

avrei deciso. fine dell'influenza - della testa liquida, degli occhi a lucciconi, degli starnuti, dei polmoni che tremano a ogni colpo di tosse, del freddo nelle ossa.

direi che una settimana di sere a casa a guardare dottor house e scrubs (forse mi aspettavo una diagnosi da mamma tv) basta e avanza. voglio dire, l'ultima uscita era sabato scorso e coi baldi giovani affrontavo il freddo e le amiche dell'amica.

sarei dell'idea che si ricomincia con la normalità, anche perché non ci si può ammalare il primo giorno di vero freddo (bè forse a milano sì). il mio corpo è un po' meno convinto. continua a lamentarsi. fatti suoi.

mercoledì 14 novembre 2007

dream a little dream of me

decisamente, sogno troppo. e la cosa meno sensata è che cerco di trovare nei sogni una spiegazione, un suggerimento, un segno per la realtà.

come stamattina.

lunedì 12 novembre 2007

morfeo

giorni di influenza. da brava stagista irregolare, decido di prendermi il mio diritto alla tosse e me ne sto a casa.

così l'unica attività possibile è dormire, dormire, domire. il luogo più bello, sotto il piumone caldo. qualsiasi altra cosa, dalla tv al computer, mi dà mal di testa. dormire è un rifugio e una fuga. oggi sono stata sveglia per quattro ore. il resto, tra le braccia di morfeo.

e poi sogno in questi giorni, tantissimo. sogni che si sovrappongono e poi non riesco a ricostruire, di persone mai sognate e che non c'entrano nulla tra loro. resta, quando apro gli occhi, una sensazione, un'immagine, una frase. poco più. però è una bella compagnia.

sabato 10 novembre 2007

ho perso le parole

sarà che al caffè savona la musica è troppo alta. sarà che sono uscita senza felpa nel freddo di una notte di vento per una delle telefonate più belle e confuse degli ultimi tempi, dal seminterrato con passione. sarà che mi sono dovuta sgolare per convincere sti ragazzi che il mio bellissimo vestitino nuovo no, non è premaman, è solo molto fico. sarà che paul aveva un elefante in testa e il momento di baldoria di fronte al murphy's, nonostante il gelo, era necessario.

non dovrebbero avere nessuna colpa invece i long island (gentilmente offerti dei miei uomini con stipendio - mentre la birra è stata un omaggio della distrazione del caffè savona).

fatto sta che stamattina non ho un filo di voce.

venerdì 9 novembre 2007

shopaholic

ho un problema di dipendenza.

lo shopping mi dà ebbrezza.

in ordine sparso / oggi

ho messo la gonna. e gli stivali rossi.

impazzisco a passare continuamente dalla tastiera del maledetto mac dell'anteguerra a quella del pc. faccio i due punti al posto dei punti. e il 2 al posto delle virgolette.

abbiamo chiuso il numero di dicembre. e per quanto l'adrenalina sia quel che sia, è stato bello. persino esaltante, scorrere le bozze sapendo che è l'ultima possibilità per correggere, cambiare, migliorare. poi il visto si stampi, e qualche ora sospesa: chiuso un capitolo, non ancora aperto quello dopo. e un po' di "brava" che fanno bene anche a chi è patologicamente incapace di prendere i complimenti.

ho imparato ad ascoltare virgin radio uk su itunes. che donna gggiovane.

ho rivisto grey's anatomy dopo tanto tempo.

ho tagliato in modo approssimativo i capelli. davanti allo specchio, le forbici impugnate troppo male perché venisse fuori qualcosa di decente. ma non li sopporto più. a milano i miei capelli mi odiano.

ho scoperto che la settimana vola, e che è già venerdì. e che fino a qui sono riuscita a uscire due sere su quattro, aperitivi tra donne, e non è male.

mi sta stretta la convivenza genitoriale, con punte di profonda non sopportazione. era in conto però.

è tornata la tachicardia. forte e chiara. non so quando, quest'estate, ha smesso di sbattere contro il petto. so che ora è di nuovo qua a farmi compagnia.

giovedì 8 novembre 2007

"dentifricio, grazie"

ogni mattina. lui ogni mattina entrava in farmacia da lei e comprava del dentifricio. "strano", pensava lei. "strano davvero".

poi lei per un po' non è andata in farmacia, dove lavora coi suoi. e il barista della caffetteria accanto al negozio ha chiesto alla madre di lei: "com'è che non viene più sua figlia? c'è un ragazzo che lavora qua vicino, fa il grafico, e vorrebbe tanto conoscerla"...

bè, ora stanno insieme. me l'ha raccontato la madre di lei, che ho incontrato per caso in un bar durante la pausa pranzo, mentre lui - il grafico - entrava nello stesso bar.

ho pensato: bene che vada io mi accaso con uno dei pony express filippini che arrivano ogni giorno in redazione. oppure con un grande chef e divento cicciona. annamo bene.

(flickr / calca)

camminando

camminando verso casa stasera, mentre il lettore mp3 si zittiva improvvisamente (era bello il cielo d'inverno come i tuoi denti) lasciando spazio al silenzio ovattato degli auricolari, credo - temo - di aver capito quale è veramente l'unico motivo per cui non mi spiace di essere tornata a milano.

martedì 6 novembre 2007

ho sonno

ho sonno. è tutto il giorno, che ho sonno. maledetto lunedì.

forse basterebbe chiudere gli occhi. dormire. lasciarsi scivolare.

ma la stanza sembra troppo piccola. la testa troppo piena. e la memoria troppo ingannevole, con i suoi salti improvvisi.

come quando in auto finisce il dosso e lo stomaco sale in gola. come quando l'ascensore di casa fritto arriva al piano.

martedì 30 ottobre 2007

inquietudini milanesi

per mezz'ora i miei genitori hanno commentato con serietà la puntata di affari tuoi (quel programma coi pacchi e non so bene cosa), vagliando le diverse possibilità e strategie che il giocatore avrebbe dovuto attuare per portarsi a casa 500mila euri e non un tarocco.

la grafica della redazione (in cui si scrive e si parla di cibo) ha annunciato che arrivata a casa avrebbe cenato con quel che c'era nel frigo (anzi, «frigor»). bacardi e banana.

ho incontrato in ascensore il mio bambino. cioè il ragazzino a cui facevo fare i compiti quando lui era alle medie. peccato che ora sia 20 cm più alto di me, indossi una maglia degli ska-p e abbia un accenno di barba.

domenica 28 ottobre 2007

soffitto

il soffitto è luce calda. morbida, quasi gialla. di una domenica di fine ottobre, con le lancette degli orologi portate indietro, con il pranzo a base di gnocchi-pizza-tiramisù di pompi nello stomaco.

il soffitto è un rettangolo bianco e luminoso. riempie la vista, dalla prospettiva del letto con la coperta boliviana. lo fisso, mentre aspetto un antalgil contro il mal di schiena che cerco di far diminuire appoggiando ogni centimetro di colonna sul materasso.

e allora la sento, la sensazione del saluto. della mano sulle ginocchia piegate. delle persone accanto, nella casa inondata di luce. del cambiamento.

ho svuotato mezzo armadio, liberato due cassetti su quattro. il peggio sarà staccare i poster e le foto.

la luce e il soffitto diventano due lacrime sul ciglio degli occhi. è strano quando si è straiati. riempiono gli occhi, senza scorrere, senza scivolare. aspetto, senza fretta, che un sorriso le riassorba.

fisso il soffitto, fisso altri occhi. la luce di questo pomeriggio si è piantata dentro, come se contenesse in sé ogni significato.

venerdì 26 ottobre 2007

buon compleanno fayns

che può fare un neo-venticinquenne davanti a un nero d'avola, se non porre domande del tipo "per tot mila euri, faresti..." (alcune prevedevano espressioni come sesso manuale e guanti dell'esselunga)?

buon compleanno leri, sii fiero del gesso firmato da samuel. anzi, fossi in te non lo toglierei più.

ah, il nero d'avola festeggiava pure l'ufficialità dei miei sei mesi di stage.

mercoledì 24 ottobre 2007

la mia nuova sveglia*


the fratellis - henrietta

*la mia terapia del sorriso (senza l'orrida scritta all'inizio, chiaro).

e ci vuole, quando aprendo gli occhi ti trovi di fronte un cielo profondamente grigio e la pioggerella, e senza mettere il naso fuori sai già che soffrirai, a uscire.


lunedì 22 ottobre 2007

primo giorno

primo giorno della settimana di prova. che, a meno che non scassi il mac o pesti il cagnolino della capa, diventerà sei mesi di stage. pagato. e poi - in teoria - altro.

diverso da ogni altro primo giorno. non c'è traccia dell'emozione della prima volta nel palazzo di vetri sulla colombo, di savona o di salerno (a savona stavo per piangere di gioia quando sono uscita. mi ricordo la scena, la piazza, il bus da prendere. e il cuore impazzito - e avevo scritto un boxino).

è una soddisfazione di testa più che di pancia. forse anche un po' di ansia all'idea che mi aspettano tante sei del pomeriggio da percorrere verso piola. probabilmente pure la sensazione di accontentarsi, dopo aver sfiorato quel che si desidera.

ma tant'è. forse non è la strada, ma magari un sentierino sì.

domenica 21 ottobre 2007

sette giorni

una settimana sono tre città. sono treni che scendono e risalgono metà penisola. programmi che cambiano, si parte con lo zaino per stare tre giorni, si torna con la valigia piena di maglioni di lana.

una settimana sono notti e mattine, sorrisi e ristoranti. birra, vodka e quel che c'è, vino bianco. un pezzo di pizza e un felafel, quaglie e tiramisù, nuvole bianche e freddo. e brindisi (a chi quaglia e a chi non quaglia, naturalmente).


una settimana sono le persone che ci sono sempre state e quelle che ci sono da poco. sono i saluti, le battutine, gli sguardi. i centimetri di pelle. lo spogliarello per aggiudicarsi strip-bike. le abitudini che sono intimità e che è difficile cacciare in una valigia, per quanto abbia le ruote.

una settimana è la soglia delle quaranta ore, una conferenza stampa, uno spettacolo grincioso. una telefonata che il lunedì cambia un po' le prospettive, rendendo finalmente sensato il dolce far niente. cinque puntate di sex and the city di fila - "bè a sto punto alla festa si va".

e poi una settimana è musica. quella che suona adesso, quella del circolo mentre ormoni e alcol scatenano la follia. quella nuova, appena scoperta, e quella recuperata nella memoria. la sigla di scrubs. "ehi, posso fare qualcosa?" - "metti un po' di musica".

mercoledì 17 ottobre 2007

interpretazioni

apparso sul muro della patty durante la sua pazza estate, adottato dal condominio

lunedì 15 ottobre 2007

luce

la luce è quasi dolorosa. a roma ti acceca, ti riempie, ti avvolge. come il cielo, azzurro di un azzurro vero. tagliente, uno sfondo in primissimo piano. niente di più lontano, di più diverso dall'aria sempre un po' fuori fuoco di milano. colori tenui, quasi pastello. un po' insipidi, in cui tutto è immerso, in cui si galleggia. l'impressione è quella che sulle case, sulle persone, sulle nuvole ci sia una patina perenne. un vetro appannato tra te e la realtà.

la realtà invece è viva, in questa luce. ti salta addosso, ti fa sorridere. nei riflessi sulle auto c'è vita, nel traffico parecchio burino, negli alberi. è paradossalmente più forte del sole e del mare di genova di appena 24 ore fa, nascosti da un velo di foschia malinconica come l'autunno. come il pranzo dell'anniversario di due persone che hanno condiviso una vita, 57 anni, e ora sono vecchi eppure sono bambini.

forse bere questa luce è per me, in questo momento, la cosa meno sensata. ma l'unica che potevo fare, attraversando la città.

sabato 13 ottobre 2007

alla sex and the city

è bastato un breve giro di consulenze telefoniche femminili per stabilire che no, gli uomini non capiranno mai sex and the city (al punto da metterlo, nella classifica dei telefilm, dopo will&grace!). invece per noi carrie bradshaw all'amatriciana è semplicemente parte della nostra cultura pop.

e sappiamo esattamente a che cosa ci riferiamo quando parliamo di un pranzo, una chiacchierata, un pomeriggio alla sex and the city.

cioè: un momento tra donne dedicato, a seconda dei casi, ai rapporti con gli uomini, alle amicizie, allo shopping. e poi, certo, anche ad altro (no, non ho detto coniglio rosa).


un'attività alla sex and the city, per esempio, è mettere in ordine il cassetto della biancheria di una casa in cui non abiti da quasi tre anni. e avere un assaggio di quello che ti toccherà, se mai dovrai risistemarla e aggiornarla, scoprendo (con un po' d'orrore) quello che sei stata - e che hai volutamente rimosso.

vale a dire una collezione di calzini bianchi (chi cavolo mette i calzini bianchi??), di mutande tutte uguali nere o bianche, di calze antiscivolo (la mia famiglia già allora metteva in dubbio la mia capacità di stare in piedi) e, soprattutto, di reggiseni. ma quando mai li ho usati? e in ogni caso, perché?

questa, è una domanda alla carrie.

(naturalmente ieri sera, prima di vedere parte dei miei uomini e bere ettolitri di birra, mi sono vista due puntate eheh)

mercoledì 10 ottobre 2007

io e coe in vetra

a un certo punto uno deve separarsi dal proprio letto. uscire di casa, affrontare il cielo senza senso di questa città. tentare - per lo meno - di accettarla, di accettarne l'idea.

e così con la mia bici dei sogni (sul telaio c'è pure scritto leri) me ne sono andata in vetra a leggere l'ultimo di coe. due ore sulla panchina, rischiando la vita a causa della ghiande in caduta libera dagli alberi, con la musica nelle orecchie e una beck's accanto.


(certo, si potrebbe notare che a spasso per il parco c'erano solo vecchi e carrozzine. che alle 5 del pomeriggio fa freddo. che il sole non scalda. che il cielo è grigio sporco. che sulla panchina di fronte una coppietta si è baciata per ore. che sto libro di coe non mi esalta più di tanto. che il pomeriggio non passa mai... si potrebbe)

doing nothing

doing nothing is the most tiresome job in the world because you cannot quit and rest

(oscar wilde)

lunedì 8 ottobre 2007

sotto le due torri

a bologna, all'orale della scuola, in pieno delirio influenzale.

- ma quindi, signorina, lei ora vive a roma o a milano?
- io vivo su un treno.

domenica 7 ottobre 2007

nella valigia rossa

accumulo vestiti sul letto, sotto la parete piena di foto, prima di infilarli nella valigia rossa (dono di un compleanno che mi ricorda sempre che in borsa non si mettono solo cose, ma anche persone).

sulla via del ritorno farò sosta a bologna, quindi non la devo riempire troppo. e forse è una buona scusa per attenuare il senso di partenza, l'idea di smantellare quello che ho (quello che sono) a roma.

non sono ancora certa di restare a milano, manca la parola definitiva. ma la borsa che preparo è quella di una che torna. che lascia. che dice addio.

poi, certo, già faccio il calcolo dei weekend d'ottobre e so che molti saranno romani.

so di dover andare, per mille motivi e perché non posso restare. ma so anche di non essere tanto pronta a farlo.

("non ti fidanzare a milano però - disse la patty - se no non torni più da noi". "ma quanno mai!", risposi)

venerdì 5 ottobre 2007

epidemia

il palazzo è stato investito da un'epidemia ormonale, c'è poco da farci. voglio dire, ieri al seminterrato abbiamo mangiato una pasta a forma di...

il mio cellulare è sadico

il mio cellulare è sadico. ormai ne sono certa. è sadico e dotato di vita propria, altrimenti non si spiegherebbe.

ogni tanto, di solito nei momenti meno opportuni, nelle situazioni meno opportune, mentre sono con le persone meno opportune, si diverte a pescare nella memoria della sim messaggi vecchi e segnarmeli come appena arrivati.

lo fa con i messaggi di due persone, solo di due persone. come se avesse una memoria sentimentale. una specie di sadismo amoroso.

così, per esempio, ieri sera mentre ero a san lorenzo (che già...) prendo il telefono e ci trovo due messaggi ricevuti. sotto quello del buon jac che non può raggiungermi, un altro - vecchio di più di un anno - che riconosco subito, basta la prima parola sotto il nome. bravo, cellulare sadico, sei riuscito a farmi prendere molto, molto male.

dopo che da qualche tempo non mi accadeva, dopo che da qualche tempo non ti accadeva. bravo.

si aggiunga, tanto per completare il quadretto, il passaggio in una strada decisamente dolorosa e l'incontro, in metropolitana, con la donna per cui nutro doppio odio (perché se la scopava, perché la odiava).

dunque oggi va un po' così. tra un po' vado in redazione a salutare, e di certo tornerà il buon umore. in ogni caso, l'opzione milano in questo istante non mi sembra troppo azzardata.

lunedì 1 ottobre 2007

su i culi

tre giorni montatesi, tre giorni di sangria, paella e travestimenti. di giri in macchina con big luc, torte e resaca. di notte bianca a brà, linguamano e sorrisi. di calo che batte (tutto l'alcol che si può battere), matti in pista, marta che balla, il dio comunista. di fabio cinese, del sindaco, del duca (che si toccaccia).

condensati in 241 scatti, alcuni da cestinare senza pietà, tanti che fanno ridere fino alle lacrime (soprattutto nel letto della camera asettica).

sliding doors

se è normale scrutare la lista finale dell'ifg di milano sperando di non trovare il proprio nome, non lo so.

sta di fatto che non l'ho trovato, e la cosa non mi ha sorpresa. e nemmeno tanto sconvolta.

una possibilità in meno, in giorni in cui le possibilità hanno rischiato di diventare troppe e poco gestibili. soprattutto nel momento in cui ti rendi conto di non sapere affatto cosa desideri.

in compenso ho fatto un colloquio (che è andato bene), ho la testa che mi scoppia e ho paura.

credo che oggi sia abbastanza normale. sliding doors, mi ha detto oggi la capa facendo il colloquio.

sliding doors, c'è scritto sulla mia playbag a roma.

giovedì 27 settembre 2007

vivo nel mio letto

ho deciso di vivere nel mio letto. piove da due giorni e fa freddo, fottutamente freddo. allora l'unica scelta sensata mi sembra questa, vivere nel mio letto con le lenzuola con sopra fragole e ribes.

piedi al caldo, pc sulle cosce, giornale a portata di mano... che altro posso desiderare?

così guardo il mondo dal lettino blu, la finestra che lascia intravedere il grigio, la stanza che se mai dovrò tornarci a vivere dovrà essere aggiornata, cambiata. ora il tempo è fermo a tre anni fa, le foto, i libri. forse il segno più tangibile di quanto sia cambiata, di quanto sia accaduto, anche se tante persone che facevano parte di quel mondo sono ancora al mio fianco.

(nel letto ho "preparato" anche l'orale all'ifg fatto ieri. davvero non so come sia andata. non benissimo, non malissimo, abbastanza indifferente. direi che 40 persone che sono andate meglio di me ci sono, no?)

mercoledì 26 settembre 2007

buongiorno dall'amaca sul bonsai

in un colpo solo ho raggiunto un mini-obiettivo, arrivare a conoscere le tre adorate penne del buongiorno, dell'amaca e del bonsai.

a un incontro sul libro di massimo gramellini (già, perché stare a casa a studiare quando si può uscire?), c'era pure michele serra. doppietta bella e buona. certo, loro mi hanno guardata come una matta, ma io l'ho preso come l'ennesimo segno del caso.

poi bè, con sebastiano messina ci avevo fatto ben sei piani in ascensore...

martedì 25 settembre 2007

carta jolly

foto ale+ste

no, non credo che potrò usarla, la carta jolly. però fa ridere.

e per una serie di coincidenze, questa foto me l'hanno mandata in un giorno di umore molto giù (l'ultimo di stage) e mi ha fatto sorridere. ma soprattutto, proprio oggi, dopo tre anni, riguardavo i pezzi scritti a savona per il secolo XIX. ed è strano rileggersi dopo così tanto e quasi non riconoscersi. l'inizio dell'inizio. primissima volta in una redazione. eppure in quei pezzi ci sono io.

vagamente generico

"l'esame orale consiste in un colloquio tendente ad accertare le attitudini complessive alla professione giornalistica, il grado di cultura generale del candidato e la sua attenzione per i problemi dell'attualità politica, economica, sociale e culturale nelle loro dimensioni storiche, nonché il grado di conoscenza dell'inglese"

ora, uno che cosa dovrebbe studiare/ripassare/imparare per un esame così, vagamente generico?

diciamo che domani pomeriggio lo saprò, cosa avrei dovuto studiare/ripassare/imparare.

intanto butto giù caffè, sogno la novalgina e divago (con qualche senso di colpa).

lunedì 24 settembre 2007

sempre di domenica

una piadina notturna dopo il concerto di daniele silvestri chiude la settimana. iniziata a milano - e sembra un secolo fa - e volata. lunga e piena, rapida e strana. carina, viva.

ed è tempo di salutare, pensare alla valigia da fare domani, sapendo di non conoscere la data di ritorno. è così da un po' e lo sarà per qualche tempo. intanto mi viene in mente, come ogni volta che si parte, frequent flyer di nina persson. finale di a/r, condensato della sensazione della partenza.

buonanotte.
buongiorno.

venerdì 21 settembre 2007

sorrisi contagiosi


(certo, forse poi dovrei passare meno tempo a sorridere e più a studiare. in ogni caso lo scritto della cattolica - inclusa la domanda su chi ha vinto lo scudetto dal 1996 a oggi - non l'ho passato... autosabotaggio hihihi?)

giovedì 20 settembre 2007

relatività

il tempo lento di milano a roma ridiventa tempo caotico, che sembra sempre troppo poco ed è spesso molto pieno.

la casa, le ragazze, i piccoli appuntamenti ritagliati nei giorni qui... per dire, ieri ero a mangiare a sbafo in questa villa accanto al pincio, spacciandomi per giornalista che ne sa qualcosa di basket. e poi nuove persone, nuove cose da fare, tanto da studiare per l'inaspettato orale alla scuola di milano...

roma è anche questo, è sentire che 24 ore al giorno sono un po' poche. e provare la sensazione - eccitante e stancante - di iperattivismo.

domenica 16 settembre 2007

di nuovo

poi bastano un salto al dundas, mezza pizza e le colonne di san lorenzo. persone che conosci da una vita o quasi (19 anni... acc), che si sono sedute al banco dietro al liceo, che hanno dimenticato magliette in giro. cambiati e cresciuti, profondamente, eppure così familiari.

bastano le risate e le facce, un tizio con i pantaloni a vita bassa (troppo bassa) e il sedere in bella vista, la popolazione strana delle colonne e i bicchieri di plastica per la birra.

bastano perché sia di nuovo casa. perché la questione non è essersene andati, è saper tornare. di tanto in tanto, oppure a lungo.

("ma fede - disse la fayna, noto reggitore di negroni a stomaco vuoto - sei insaziabile con l'alcol!")

sabato 15 settembre 2007

sabato lento

dopo una serata nella brianza alcolica a farmi cullare dallo swing, tra enoteche e terrore di perdersi negli svincoli, il sabato è mortalmente lento.

a casa, perché si dovrebbe studiare. a non far nulla, perché si vorrebbe uscire. a bighellonare con il pc, che tanto c'è sempre tempo per perderne, di tempo.

mi sento di passaggio qua, come quando in vacanza hai troppo tempo libero e non sai che fartene.

questa città mi annoia.

venerdì 14 settembre 2007

vedremo

vedremo. è una parola che fa parte di me. che appartiene al mio lessico sentimentale, a un gioco di sguardi con certe persone. a una volontà di alzare piccoli muri, fosse anche solo per il piacere di abbatterli. vedremo, ho detto spesso alle mie metà, con un sorriso di malizia.

e allora ci penso, in questi giorni, al significato che ha oggi questa parola. ripetuta mille e mille volte, nei discorsi sul mio futuro prossimo. roma bologna o milano? vedremo. scuola o non scuola? vedremo. ritorni o partenze? vedremo. guarigione apparente o reale? vedremo.

un colpetto di spalle, un sospiro. vedremo. l'ho detto a tutte le persone con cui sto parlando di questo momento di transizione, senza rete e senza programmi. tutti - compresa la parrucchiera che ieri mi ha tagliato i capelli - mi hanno detto la loro, hanno provato a capire, a fare una previsione, un commento. resta, vai, torna. ma non è facile, affatto.

su una bilancia peso le evenienze, i pro e i contro, le possibilità. ma non riesco a cogliere nessun suggerimento, dai piatti perfettamente in equilibrio. e dunque, vedremo.

da flickr - [auro]

giovedì 13 settembre 2007

mai dire samuel

notte di birra, chiacchiere e pettegolezzi
(soprattutto pettegolezzi).

mercoledì 12 settembre 2007

tracce

da quando esiste questo angolo di anatomie, spesso mi chiedo se le persone che conosco hanno un blog. e se io potrei trovarlo, basandomi su quello che so di loro. e se loro potrebbero trovare me.

è che si lascia una traccia strana, in bilico tra il voler essere scovati e il piacere di restare nascosti. completamente pubblici e totalmente intimi.

in fondo siamo malati di google, no?

domenica 9 settembre 2007

autosabotarsi

mi viene il dubbio: e se mi stessi autosabotando? se non aver fatto nulla per preparare i test avesse un senso inconscio?

non so se voglio fare una scuola (non credo), né quale né dove. non so se vorrei essere presa oppure no, se ho bisogno di conferme o di mazzate. non so, e nel frattempo la prova a crocette a milano ha denunciato la mia ignoranza. mi sono persa in cose che uno - uno chiunque, non un genio - dovrebbe sapere.

e il bello (o il brutto o lo strano) è che poi non ero arrabbiata o triste o delusa. ero stanca, dopo 4 ore a battere sulla macchina da scrivere. ero indifferente. e forse sottilmente sollevata all'idea che - a meno che gli altri candidati non fossero tutti ubriachi - è davvero molto improbabile che i miei prossimi due anni siano lì dentro.

per tutto il giorno ho letto giornali, articoli, pagine. ma oggi - mentre parto per bologna - faccio un po' fatica a leggere in me.

venerdì 7 settembre 2007

milano centrale

forse per la prima volta dopo mesi nel viaggio in treno da roma a milano il mio cuore non si è bloccato nello stesso dannato punto, nella stessa stazione. ho alzato gli occhi - e gli occhiali da sole - dal giornale, e ho fatto finta di nulla.

a sorpresa, poi, mi sono trovata a guardare milano dal finestrino. i cavi sopra i binari sovrapposti a un cielo striato, nuvole e chiazze di blu e luce.

mi sembra, ultimamente, di arrivare in questa città con uno stato d'animo strano. quasi da turista, quasi come se la vedessi per la primissima volta.

e oggi, per qualche strano motivo, dietro gli occhiali da sole sono sbucate tre lacrime, mentre scivolavamo dentro la stazione centrale.

- tu che vivi a milano...
- io non vivo a milano. ci vivrò, forse.

mercoledì 5 settembre 2007

blowin' in the wind

cielo blu e vento freddo, quasi da montagna. il condominio di nuovo al completo, la valigia da fare e tanto da studiare - o simili.

quest'aria tesa e gelata sembra ripulire un po' i miei sentimenti. roma mi appare meno dolorosa, io mi sento incredibilmente leggera. senza un perché, lo sono e lascio che sia così. sono anche piena di incertezze e di confusione, eppure le due cose non fanno cortocircuito tra loro, anzi. si mescolano, dandomi forse quel pensiero superficiale che cerco da mesi.

c'è una buona dose di casualità in tutto questo. ma non può che andare così: posso solo aspettare, e vedere che succede. milano, roma o bologna. non posso fare progetti, e per una volta forse questo mi fa bene.

da domani per almeno due settimane sarò di nuovo milanese, con qualche trasferta in mezzo. in attesa.

e poi, que sera sera. non mi dispiace, per una volta, aver imparato a lasciare che sia il caso a decidere. a seguire le coincidenze, i momenti. a fare quello che non si direbbe.

("ma le vostre serate finiscono tutte così?")

sabato 1 settembre 2007

circolo chiuso

ho spalancato i vetri del balcone e ho trasformato il limitare della stanza delle sorelle in un solarium. in costume, nel caldo di un sole estivo, ho finito di leggere circolo chiuso di jonathan coe. il bottino di un pomeriggio passato in feltrinelli a cercare di convincermi della necessità di comprare libri per prepararmi ai test delle scuole. risultato: coe è venuto a casa con me, e io non ho ancora cominciato a studiare.

amo coe. ho amato tanti suoi libri. e questo anche. questo, in cui ho trovato tanti episodi talmente sovrapponibili con me stessa da farmi socchiudere il libro, di tanto in tanto, così giusto per capire.

mi ha tenuto compagnia in giorni strani, riflettendo in alcune parti esattamente quel che è accaduto a me negli ultimi mesi. singoli episodi, voglio dire, non pensieri generali o atmosfere. una donna che sviene se sente una certa canzone, rapporti tra persone molto diverse che sembrano andar contro a ogni logica e poi sono i più sensati, il giornalismo.

cortocircuito di fine estate, che si porta dietro le solite domande - alimentandole. sulle coincidenze e sul destino, sul ritrovarsi, sul ruolo degli altri nelle nostre vite...

sensazione di fine di

metà del primo giorno senza stage l'ho passata dormendo. la prima notte, invece, l'ho passata quasi tutta sveglia.

dopo saluti e lacrime, cene in cui non si tocca cibo, rientri a casa per riuscirne subito... katia-mobile fino in centro, sigarette e bicchieri, confusione e un tavolino all'aperto. in quattro a fare brindisi in bilico tra presente e futuro.

poi casa, e il condominio è anche un balcone in piena notte, narghilè acceso e parole che si perdono.

si sono sovrapposte tante fini in queste ore, forse un po' troppe per gestirle tutte insieme. e anche se il sole e il cielo blu oggi non lo suggeriscono affatto, la sensazione di fine di è ben presente.

l'orchestra del sangiovese

e così, tento di caricare il primo video sul blog. canzone dell'estate per qualcuno (proprio il giorno in cui l'estate finisce), canzone di sorrisi per me. zibba e almalibre, un violino inconfondibile che suona.


zibba e almalibre - margherita

venerdì 31 agosto 2007

e poi

e poi mi chiedono, con sguardo stupito: "ma che significa che soffri di sindrome dell'abbandono?"

ultimo

ultimo giorno di stage. finisce il mese, finisce l'estate e finisce un'altra parentesi. ultimo giorno in un posto che è quasi casa, con persone che - in un certo senso - sono quasi famiglia.

ultimo giorno con alle spalle una notte con katia e nicola, a cercare di interpretare comportamenti altrui ("nicola, tu che sei uomo...") e a parlare di testeafabbene... vino rosso e galbanino, patate arrosto e birra, cordonblue e rum. e parecchio, parecchio ridere.

martedì 28 agosto 2007

capodanno

ho preso il bicchiere di caffè e latte freddo e i pandistelle e ho fatto colazione fuori sul balcone. ombra, fresco del mattino e gli alberi verdi davanti agli occhi.

ultima settimana di stage, mentre roma si ripopola di gente e rumori. e il condominio anche.

e io tento come posso di prepararmi a questo settembre che sarà un capodanno più di tanti 31 dicembre.

seminterrato

- ce l'hai su un po' di birra?
- sì
- allora portala
- ma preferisci birra o limoncello?
- ma portali tutti e due che stasera ce 'mbriachiamo!

domenica 26 agosto 2007

40 gradi o giù di lì

difficile rendere a parole questo caldo. le finestre aperte, che creano una corrente che sembra un phon. il ventilatore acceso sulla velocità tre. la luce troppo forte che striscia sotto le tapparelle mezze abbassate.

camminando per casa si entra in improvvise nuvole di calore. come quando fai il bagno e l'acqua cambia temperatura. i piedi sono al freddo, le braccia al caldo (e di solito pensi: ops, qui qualcuno ha fatto la pipì).

3.27

immagazzino ogni passo sui sanpietrini. cerco di non sbattere le palpebre per non perdermi neanche un frammento di questa città.

dove, ormai è chiaro, io non posso più vivere.

il mio istinto di sopravvivenza andrà ascoltato, prima o poi.

venerdì 24 agosto 2007

semaforo

la parte più difficile è un semaforo. ogni giorno, puntualmente, per tre mesi. e ancora per una settimana (...poi?).

un semaforo, un incrocio, in cui tutto torna a galla. anche quando non ci sto pensando. anche quando è una giornata buona. anche quando suona nelle orecchie musica che fa sorridere.

faccio espressioni strane, respiro profondamente e giro lo sguardo dall'altra parte. di solito, penso a come sono vestita, se è una me stessa nuova quella ferma lì in piedi davanti alle strisce.

perché di solito poi, sto semaforo è pure rosso. giallo, al massimo.

cubo di rubik

ieri in metropolitana c'era un ragazzo con il cubo di rubik.

tra re di roma e san giovanni (una fermata) l'ha finito. poi l'ha scompigliato, ha ricominciato a farlo e a piazza vittorio (una fermata e mezza, da manzoni ci passa ma non si ferma) l'aveva finito di nuovo.

girava i tasselli a una velocità strabiliante e intanto si guardava in giro con indifferenza. poi ha messo il cubo nella tasca dello zaino ed è sceso.

(flick.com - tony blay)

giovedì 23 agosto 2007

cielo

una delle mille differenze tra roma e milano che mi sono saltate all'occhio fin da subito è il cielo. a milano è monocromo, una lastra. bianco o grigio, qualche rara volta azzurro.

a roma anche quando è brutto è bello. anche quando piove o è grigio, le nuvole gli danno movimento, vita. spazio.

così era oggi pomeriggio, mentre nel nero ereditato dall'acquazzone del mattino si facevano largo raggi di sole, fino a diventare chiazze di blu. forse è il mare che sta in fondo alla cristoforo colombo, forse è il ponentino.

fatto sta che qua è difficile che il cielo ti lasci indifferente.

(sopra a piazza della repubblica)

domenica 19 agosto 2007

ovatta

ovattata e amplificata, roma in una domenica di mezzo agosto. deserta, azzurra, ventosa.

in cortile canta gino paoli (fai finta che solo per noi due, passerà il tempo ma non passerà...) e riempie la cucina. un aspirapolvere è in moto in un appartamento dall'altra parte della strada. una voce rimbomba. aerei passano. il vento fa vibrare le tapparelle, come alberi di vele in porto.

odori e rumori, immagini e sensazioni. tutto ovattato e amplificato.

rimbomba, roma deserta. rimbomba il silenzio, rimbombano i pensieri. i gesti, le parole.

fa un caldo fresco. e agosto scivola via, e questa domenica con lui.

venerdì 17 agosto 2007

fuga di ferragosto

l'ora X della fuga di ferragosto sono le 7 del mattino.

14/8, sette del mattino. si esce di casa. redazione, treno con ale, binna e big luc a prenderci, casa, doccia, minigonna, casaloi, le vele. danze e blagate. fino all'alba, con la polizia che ferma sulle strade. con l'etilometro di calo che in macchina segna sempre arancione e rosso, mai verde. con il cielo che si fa chiaro, con gli occhi che si fanno pesanti. fino alle sette.

15/8, sette del mattino. si va a nanna. poi giornata di nuvole pesanti e cuore leggero, tante persone da vedere e poche ore per farlo. spotorno che come sempre fa parte del dna e nel presente si accavallano tutti gli spotorni passati. come una rete di sicurezza. come tasselli di me. cena con il sindaco al fianco e la calotta che si consolida. terzo molo, reggae, onde.

16/8, sette del mattino. esco di casa per prendere il treno. stazione familiare. poi sarà il viaggio della speranza, un'ora e mezza di ritardo, di nuovo roma. nello zaino, amaretti e tre bottiglie di vino.

e io, più stanca e più contenta.

per ora.

(self preservation is what's really going on today, canta la canzone)

lunedì 13 agosto 2007

crepuscolo

crepuscolo. aria freddina che entra dal balcone delle sorelle. computer, birrino.

momento di scelta. mi sa che la faccio, la follia di ferragosto. treno, spotorno, treno.

con l'aria entra profumo di barbecue. ho bisogno di sentire di avere delle certezze di qualche tipo.

domenica 12 agosto 2007

secondi occhi

me la sono tirata per mesi.

"l'unica cosa importante è che non mi si rompano gli occhiali ad agosto, a roma, da sola".

l'ho ripetuto anche venerdì mattina. venerdì sera si sono rotti.

il venerdì sera del weekend prima di ferragosto. tombola. un giorno con lo scotch attaccato alla stanghetta, e l'incapacità di decidere che fare... il ricambio probabilmente fuori produzione, io che non ho né voglia né testa di stravolgere il mio viso con una nuova montatura, ale lontana...

poi le tre grazie mi hanno accompagnata. montatura nuova, non troppo diversa ma un po' sì. rossa, di nuovo. ma che le stanghette viola.

oh yeah.

sabato 11 agosto 2007

bulimia

notte di san lorenzo di nuvole anziché di stelle.

ieri io che ho una paura folle della solitudine sono tornata a casa e avrei voluto stare da sola. davvero. sola e basta.

forse, perché ancora di più ho paura dei rapporti.

poi ho trovato monsieur birrino (anzi, messiuers birrini) e madame sciùsciù. così siamo stati tra chiacchiere e bicchieri, fino al crollo o quasi.

oggi resta il grigio, e mi accorgo che come un anno fa a salerno sto diventando bulimica di sonno. dormo, così non mi annoio.

venerdì 10 agosto 2007

resta un vuoto parecchio pieno

un giorno intero per lasciare sedimentare - e forse non basta. per rielaborare la stanchezza, l'adrenalina, i complimenti, l'emozione di scrivere con il pc appoggiato sulle ginocchia. in un albergo, in una stazione, in uno scompartimento troppo caldo.

roma-mestre mi obbliga a trovare un punto d'equilibrio e di incontro, con i compagni di viaggio. una fessura per le parole e per gli sguardi. posso e devo aprire gli occhi e le orecchie (e ogni senso che ho a disposizione) come non mi accadeva da tempo.

mi imbevo, come una spugna, di queste persone e di questo viaggio. il viaggio dei matti.

scrivo sul blocco comprato apposta, so che molte di queste cose non potrò usarle. so che tante resteranno solo mie, ma è giusto così.

gli occhi e i sorrisi, i "vieni con noi?", la saggezza nascosta dietro volti in cui è difficile scrutare. il diluvio a firenze e una coincidenza telepatica. questo resterà solo mio.

a mestre tutto è moltiplicato: non qualche decina ma qualche centinaia. tutti mi parlano, parlo con tutti, mentre cerco di buttare giù il pezzo. è come se li conoscessi da molto, molto più di qualche ora. è come se intuissero le mie debolezze e le mie emozioni. difficile staccare le orecchie e gli occhi per concentrarsi sulla tastiera. difficile, mentre una persona in maglia verde smeraldo ti chiama cipollina e inanella argomenti disparati - alcuni che fanno un po' tremare il cuore.

poi è buio, è pioggia. è il binario poco illuminato. è un rumore continuo, basso, di voci e di eccitazione. è la voce trentina dell'agente di viaggi coi capelli rossi all'altoparlante della stazione.

scivolo tra di loro, lascio che mi sfiorino e bevo ogni istante. clic, la macchina fotografica fa da seconda memoria.

poi il convoglio arriva, ed è un lungo momento di trambusto. valigie, chitarre, persone. tutti su.

tranne me. io resto giù. saluto col braccio.

mi accuccio nel bar e faccio quel che devo. pc, macchina fotografica, connessione.

poi resta un vuoto parecchio pieno. e un gianprugnotto brasiliano che vuole portarmi a dormire in cuccetta con lui, e un bimbo che russa fortissimo (come può tanto rumore uscire da un corpo così piccolo?), e un vagone che sembra uscito dall'orda di stella che sto leggendo.

zingare dormono per terra nei corridoi, nel mio scompartimento fa troppo caldo. c'è puzza, c'è una sottile sensazione di panico. scrivo il pezzo di accompagnamento alle 3 o alle 4 del mattino.

di fronte a me, un ragazzo disabile. buttato come un sacco accanto al finestrino, trattato come un soprammobile fastidioso. e il mio lungo viaggio verso roma mi insegna altre cose. ad apprezzare le isole felici, a non dimenticarmi del resto.

mercoledì 8 agosto 2007

dalla nostra inviata

l'ho sentita, questa prima volta, attraverso il peso della tracolla del computer "aziendale" sulla spalla. prima volta da inviata, primo pezzo da spedire da lontano - non da casa, non dalla redazione. da una stazione.

è una cosa piccola e per me è una cosa grande. sono emozionata e agitata (e con parecchia ansia da prestazione)... come è normale, in ogni prima volta. "fai buon viaggio, federichina".

prendo il treno e vado. destinazione, venezia. anzi, mestre.

via da qua per 18 ore appena, tante rotaie, andata in compagnia, ritorno in solitaria.

computer, blocco appunti, macchina fotografica. e i miei occhi, e le mie parole.

lunedì 6 agosto 2007

area champagneria

formia, concerto di fred bongusto. possibilità di area champagneria e frutta.

(blagheur, alla suerte l'area champagneria c'è??)

quello che serviva

poi certo, la "notte" di sonno alle spalle era di 2 ore e mezza dopo un'uscita spavalda e godereccia sulla sabbia finta del lungotevere ("sbuuuubi!")


poi certo, ora sono rossa che faccio ridere... ma era più di un mese che non mettevo piede in spiaggia!

poi certo, è la campania a un anno da salerno, e fa un po' di impressione.

venerdì 3 agosto 2007

in edicola

mi chiedo: perché sbattersi tra stage e test e scuole di giornalismo quando uno potrebbe magari ambire a progetti editoriali come rosari e corone devozionali (prima uscita 3,99 euri)?

martedì 31 luglio 2007

la gatta

l'altra sera, all'auditorium.

gino paoli in concerto. danilo rea al piano, roberto gatto alla batteria, flavio boltro alla tromba, rosario buonaccorso al contrabbasso.

spettacolo in cavea, venticello, luce delle nove di sera. pezzi di paoli - classici, mitici - rifatti jazzeggianti e standard jazz.

si tiene il tempo con le dita. e...

c'era una volta una gatta
che aveva una macchia nera sul muso
e una vecchia soffitta vicino al mare
con una finestra a un passo dal cielo blu.

bello, bello davvero (peccato che non avessi calcolato una cosa... la domanda che cosa c'è?)