martedì 30 ottobre 2007

inquietudini milanesi

per mezz'ora i miei genitori hanno commentato con serietà la puntata di affari tuoi (quel programma coi pacchi e non so bene cosa), vagliando le diverse possibilità e strategie che il giocatore avrebbe dovuto attuare per portarsi a casa 500mila euri e non un tarocco.

la grafica della redazione (in cui si scrive e si parla di cibo) ha annunciato che arrivata a casa avrebbe cenato con quel che c'era nel frigo (anzi, «frigor»). bacardi e banana.

ho incontrato in ascensore il mio bambino. cioè il ragazzino a cui facevo fare i compiti quando lui era alle medie. peccato che ora sia 20 cm più alto di me, indossi una maglia degli ska-p e abbia un accenno di barba.

domenica 28 ottobre 2007

soffitto

il soffitto è luce calda. morbida, quasi gialla. di una domenica di fine ottobre, con le lancette degli orologi portate indietro, con il pranzo a base di gnocchi-pizza-tiramisù di pompi nello stomaco.

il soffitto è un rettangolo bianco e luminoso. riempie la vista, dalla prospettiva del letto con la coperta boliviana. lo fisso, mentre aspetto un antalgil contro il mal di schiena che cerco di far diminuire appoggiando ogni centimetro di colonna sul materasso.

e allora la sento, la sensazione del saluto. della mano sulle ginocchia piegate. delle persone accanto, nella casa inondata di luce. del cambiamento.

ho svuotato mezzo armadio, liberato due cassetti su quattro. il peggio sarà staccare i poster e le foto.

la luce e il soffitto diventano due lacrime sul ciglio degli occhi. è strano quando si è straiati. riempiono gli occhi, senza scorrere, senza scivolare. aspetto, senza fretta, che un sorriso le riassorba.

fisso il soffitto, fisso altri occhi. la luce di questo pomeriggio si è piantata dentro, come se contenesse in sé ogni significato.

venerdì 26 ottobre 2007

buon compleanno fayns

che può fare un neo-venticinquenne davanti a un nero d'avola, se non porre domande del tipo "per tot mila euri, faresti..." (alcune prevedevano espressioni come sesso manuale e guanti dell'esselunga)?

buon compleanno leri, sii fiero del gesso firmato da samuel. anzi, fossi in te non lo toglierei più.

ah, il nero d'avola festeggiava pure l'ufficialità dei miei sei mesi di stage.

mercoledì 24 ottobre 2007

la mia nuova sveglia*


the fratellis - henrietta

*la mia terapia del sorriso (senza l'orrida scritta all'inizio, chiaro).

e ci vuole, quando aprendo gli occhi ti trovi di fronte un cielo profondamente grigio e la pioggerella, e senza mettere il naso fuori sai già che soffrirai, a uscire.


lunedì 22 ottobre 2007

primo giorno

primo giorno della settimana di prova. che, a meno che non scassi il mac o pesti il cagnolino della capa, diventerà sei mesi di stage. pagato. e poi - in teoria - altro.

diverso da ogni altro primo giorno. non c'è traccia dell'emozione della prima volta nel palazzo di vetri sulla colombo, di savona o di salerno (a savona stavo per piangere di gioia quando sono uscita. mi ricordo la scena, la piazza, il bus da prendere. e il cuore impazzito - e avevo scritto un boxino).

è una soddisfazione di testa più che di pancia. forse anche un po' di ansia all'idea che mi aspettano tante sei del pomeriggio da percorrere verso piola. probabilmente pure la sensazione di accontentarsi, dopo aver sfiorato quel che si desidera.

ma tant'è. forse non è la strada, ma magari un sentierino sì.

domenica 21 ottobre 2007

sette giorni

una settimana sono tre città. sono treni che scendono e risalgono metà penisola. programmi che cambiano, si parte con lo zaino per stare tre giorni, si torna con la valigia piena di maglioni di lana.

una settimana sono notti e mattine, sorrisi e ristoranti. birra, vodka e quel che c'è, vino bianco. un pezzo di pizza e un felafel, quaglie e tiramisù, nuvole bianche e freddo. e brindisi (a chi quaglia e a chi non quaglia, naturalmente).


una settimana sono le persone che ci sono sempre state e quelle che ci sono da poco. sono i saluti, le battutine, gli sguardi. i centimetri di pelle. lo spogliarello per aggiudicarsi strip-bike. le abitudini che sono intimità e che è difficile cacciare in una valigia, per quanto abbia le ruote.

una settimana è la soglia delle quaranta ore, una conferenza stampa, uno spettacolo grincioso. una telefonata che il lunedì cambia un po' le prospettive, rendendo finalmente sensato il dolce far niente. cinque puntate di sex and the city di fila - "bè a sto punto alla festa si va".

e poi una settimana è musica. quella che suona adesso, quella del circolo mentre ormoni e alcol scatenano la follia. quella nuova, appena scoperta, e quella recuperata nella memoria. la sigla di scrubs. "ehi, posso fare qualcosa?" - "metti un po' di musica".

mercoledì 17 ottobre 2007

interpretazioni

apparso sul muro della patty durante la sua pazza estate, adottato dal condominio

lunedì 15 ottobre 2007

luce

la luce è quasi dolorosa. a roma ti acceca, ti riempie, ti avvolge. come il cielo, azzurro di un azzurro vero. tagliente, uno sfondo in primissimo piano. niente di più lontano, di più diverso dall'aria sempre un po' fuori fuoco di milano. colori tenui, quasi pastello. un po' insipidi, in cui tutto è immerso, in cui si galleggia. l'impressione è quella che sulle case, sulle persone, sulle nuvole ci sia una patina perenne. un vetro appannato tra te e la realtà.

la realtà invece è viva, in questa luce. ti salta addosso, ti fa sorridere. nei riflessi sulle auto c'è vita, nel traffico parecchio burino, negli alberi. è paradossalmente più forte del sole e del mare di genova di appena 24 ore fa, nascosti da un velo di foschia malinconica come l'autunno. come il pranzo dell'anniversario di due persone che hanno condiviso una vita, 57 anni, e ora sono vecchi eppure sono bambini.

forse bere questa luce è per me, in questo momento, la cosa meno sensata. ma l'unica che potevo fare, attraversando la città.

sabato 13 ottobre 2007

alla sex and the city

è bastato un breve giro di consulenze telefoniche femminili per stabilire che no, gli uomini non capiranno mai sex and the city (al punto da metterlo, nella classifica dei telefilm, dopo will&grace!). invece per noi carrie bradshaw all'amatriciana è semplicemente parte della nostra cultura pop.

e sappiamo esattamente a che cosa ci riferiamo quando parliamo di un pranzo, una chiacchierata, un pomeriggio alla sex and the city.

cioè: un momento tra donne dedicato, a seconda dei casi, ai rapporti con gli uomini, alle amicizie, allo shopping. e poi, certo, anche ad altro (no, non ho detto coniglio rosa).


un'attività alla sex and the city, per esempio, è mettere in ordine il cassetto della biancheria di una casa in cui non abiti da quasi tre anni. e avere un assaggio di quello che ti toccherà, se mai dovrai risistemarla e aggiornarla, scoprendo (con un po' d'orrore) quello che sei stata - e che hai volutamente rimosso.

vale a dire una collezione di calzini bianchi (chi cavolo mette i calzini bianchi??), di mutande tutte uguali nere o bianche, di calze antiscivolo (la mia famiglia già allora metteva in dubbio la mia capacità di stare in piedi) e, soprattutto, di reggiseni. ma quando mai li ho usati? e in ogni caso, perché?

questa, è una domanda alla carrie.

(naturalmente ieri sera, prima di vedere parte dei miei uomini e bere ettolitri di birra, mi sono vista due puntate eheh)

mercoledì 10 ottobre 2007

io e coe in vetra

a un certo punto uno deve separarsi dal proprio letto. uscire di casa, affrontare il cielo senza senso di questa città. tentare - per lo meno - di accettarla, di accettarne l'idea.

e così con la mia bici dei sogni (sul telaio c'è pure scritto leri) me ne sono andata in vetra a leggere l'ultimo di coe. due ore sulla panchina, rischiando la vita a causa della ghiande in caduta libera dagli alberi, con la musica nelle orecchie e una beck's accanto.


(certo, si potrebbe notare che a spasso per il parco c'erano solo vecchi e carrozzine. che alle 5 del pomeriggio fa freddo. che il sole non scalda. che il cielo è grigio sporco. che sulla panchina di fronte una coppietta si è baciata per ore. che sto libro di coe non mi esalta più di tanto. che il pomeriggio non passa mai... si potrebbe)

doing nothing

doing nothing is the most tiresome job in the world because you cannot quit and rest

(oscar wilde)

lunedì 8 ottobre 2007

sotto le due torri

a bologna, all'orale della scuola, in pieno delirio influenzale.

- ma quindi, signorina, lei ora vive a roma o a milano?
- io vivo su un treno.

domenica 7 ottobre 2007

nella valigia rossa

accumulo vestiti sul letto, sotto la parete piena di foto, prima di infilarli nella valigia rossa (dono di un compleanno che mi ricorda sempre che in borsa non si mettono solo cose, ma anche persone).

sulla via del ritorno farò sosta a bologna, quindi non la devo riempire troppo. e forse è una buona scusa per attenuare il senso di partenza, l'idea di smantellare quello che ho (quello che sono) a roma.

non sono ancora certa di restare a milano, manca la parola definitiva. ma la borsa che preparo è quella di una che torna. che lascia. che dice addio.

poi, certo, già faccio il calcolo dei weekend d'ottobre e so che molti saranno romani.

so di dover andare, per mille motivi e perché non posso restare. ma so anche di non essere tanto pronta a farlo.

("non ti fidanzare a milano però - disse la patty - se no non torni più da noi". "ma quanno mai!", risposi)

venerdì 5 ottobre 2007

epidemia

il palazzo è stato investito da un'epidemia ormonale, c'è poco da farci. voglio dire, ieri al seminterrato abbiamo mangiato una pasta a forma di...

il mio cellulare è sadico

il mio cellulare è sadico. ormai ne sono certa. è sadico e dotato di vita propria, altrimenti non si spiegherebbe.

ogni tanto, di solito nei momenti meno opportuni, nelle situazioni meno opportune, mentre sono con le persone meno opportune, si diverte a pescare nella memoria della sim messaggi vecchi e segnarmeli come appena arrivati.

lo fa con i messaggi di due persone, solo di due persone. come se avesse una memoria sentimentale. una specie di sadismo amoroso.

così, per esempio, ieri sera mentre ero a san lorenzo (che già...) prendo il telefono e ci trovo due messaggi ricevuti. sotto quello del buon jac che non può raggiungermi, un altro - vecchio di più di un anno - che riconosco subito, basta la prima parola sotto il nome. bravo, cellulare sadico, sei riuscito a farmi prendere molto, molto male.

dopo che da qualche tempo non mi accadeva, dopo che da qualche tempo non ti accadeva. bravo.

si aggiunga, tanto per completare il quadretto, il passaggio in una strada decisamente dolorosa e l'incontro, in metropolitana, con la donna per cui nutro doppio odio (perché se la scopava, perché la odiava).

dunque oggi va un po' così. tra un po' vado in redazione a salutare, e di certo tornerà il buon umore. in ogni caso, l'opzione milano in questo istante non mi sembra troppo azzardata.

lunedì 1 ottobre 2007

su i culi

tre giorni montatesi, tre giorni di sangria, paella e travestimenti. di giri in macchina con big luc, torte e resaca. di notte bianca a brà, linguamano e sorrisi. di calo che batte (tutto l'alcol che si può battere), matti in pista, marta che balla, il dio comunista. di fabio cinese, del sindaco, del duca (che si toccaccia).

condensati in 241 scatti, alcuni da cestinare senza pietà, tanti che fanno ridere fino alle lacrime (soprattutto nel letto della camera asettica).

sliding doors

se è normale scrutare la lista finale dell'ifg di milano sperando di non trovare il proprio nome, non lo so.

sta di fatto che non l'ho trovato, e la cosa non mi ha sorpresa. e nemmeno tanto sconvolta.

una possibilità in meno, in giorni in cui le possibilità hanno rischiato di diventare troppe e poco gestibili. soprattutto nel momento in cui ti rendi conto di non sapere affatto cosa desideri.

in compenso ho fatto un colloquio (che è andato bene), ho la testa che mi scoppia e ho paura.

credo che oggi sia abbastanza normale. sliding doors, mi ha detto oggi la capa facendo il colloquio.

sliding doors, c'è scritto sulla mia playbag a roma.