mercoledì 31 dicembre 2008

feeling so 70's

in questi giorni di freddo polare, in cui l'unico pensiero del mattino è "vestiti pesanti", mi capita spesso di infilare dei pantaloni di velluto. hanno un colore indefinito beige, mi fanno un culo enorme e hanno le gambe leggermente scampanate. contando che di solito ci ficco sopra il dolcevita, va a finire che mi sento molto 70's. o forse ho visto troppe puntate di romanzo criminale. (ah, il freddo)

venerdì 26 dicembre 2008

il diversivo natalizio

l'unico modo per sopravvivere al natale*, è poter contare su un diversivo. le feste 2008 ce ne hanno regalati ben due: big e la wii. due distrazioni che impegnano corpo e testa (per chi ce l'ha). accoppiata vincente per placare le voglie di spirito natalizio familiare (certo che pure un massaggio di diego aiuta).

*nonostante qualcuno sostenga che il natale mi faccia lo stesso effetto che a un bambino schizzato.

giovedì 18 dicembre 2008

stavolta

il giorno prima di roma è sempre strano. c'è una valigia piccola da fare, che viene rimandata fino al mattino della partenza. c'è qualcosa da non dimenticare, che puntualmente viene dimenticato. ci sono i preparativi, come in un rituale. c'è la certezza che sarà troppo breve. che in treno gli occhi saranno pesanti. che sarà tutto come sempre e insieme tutto diverso, familiare ed estraneo.

stavolta la valigia è grande, come chiesto dalla sorella. stavolta domenica risalirò con lei, e con il gatto. stavolta è quasi natale. stavolta arrivo alle 22.11 perché c'è l'alta velocità. stavolta è come ogni volta ma anche no.

lunedì 15 dicembre 2008

siamo tutti amici / e perciò felici

a forza di camminare sui marciapiedi perennemente lucidi d'acqua e di schivare pozzanghere, di mettere gli stivali e la gonna "così non mi bagno l'orlo" e di osservare la città che non si asciuga mai (neanche quando sembra che non piova, che a guardare bene nel cono di luce dei fanali si vedono micro-gocce), comincio a sentirmi uno snorky.

lunedì 8 dicembre 2008

lo specchio

appoggiato alla parete di fronte al letto, ora c'è uno specchio. alto e stretto. con il bordo nero. appoggiato, non appeso o attaccato, alla piccola parete bianca. bianca come tutte le altre. che niente deve essere fissato.

comunque c'è questo specchio. io adoro gli specchi. sono donna e sono (una mancata) ballerina. e questo basta a spiegare. così ogni mattina mi siedo sulla sponda del letto e guardo la mia immagine sfocata nello specchio. senza occhiali è solo una macchia di colori. ma io mi ci riconosco.

mi viene in mente la locandina di lost in translation. non che ci assomigli granché, a bill murray in vestaglia e pantofole. certo, sono in pigiama e ho i capelli insensati. però mi viene in mente quella.

poi mi vesto, e ogni tanto lo faccio guardandomi nello specchio. infilo biancheria un po' carina solo perché fa sentire meglio, sapere di averla sotto i jeans. maglietta, calze e maglione. e resto a guardarmi un po' nello specchio. la pelle chiara e i vestiti. i brividi di freddo e il copriletto. a chiedermi se io sono gli slip di pizzo o le scarpe da ginnastica.

- ma lei l'ama?
lucas apre la porta: - non conosco il significato di questa parola. nessuno lo conosce. non mi aspettavo questo tipo di domanda da parte sua, peter.
- eppure, questo tipo di domanda le verrà fatto spesso nel corso della sua vita. e talvolta sarà costretto a rispondere.
(agota kristof / trilogia della città di k)

martedì 2 dicembre 2008

se ti facessero a pezzetti

la penultima volta che ho ascoltato de andrè me la ricordo benissimo. non il giorno esatto - poteva essere gennaio o febbraio o marzo del 2007, il tempo di quel periodo è un insieme confuso - ma il momento sì. era un tributo, nella sala del centro sociale la strada, appena sotto il livello dell'asfalto. a garbatella.

me l'ero ascoltato, questo tributo, un po' stonata come sempre ero allora. il mio modo per proteggermi. però mi sentivo forte, perché la musica andava avanti e io reggevo.

nonostante fosse la nostra musica. nonostante fosse entrata in ogni cd regalato, in ogni mattina sonnacchiosa nel letto, in ogni angolo della stanza proprio lì, a garbatella.

non era la prima relazione fondata su de andrè. anche quella precedente era fatta di note e parole. e in più eravamo in liguria. ma allora era stato diverso. finita la storia, la musica era rimasta. la nostra musica.

nella sala fumosa della strada era differente. era una battaglia a ogni strofa. ma ero convinta di potercela fare. e invece.

e invece, a un certo punto mi è stato ricordato che sbocciavan le viole. qualcosa si è rotto, frantumato dentro. mi capitava spesso, allora. allora ho saputo che parlare di cuori che si spezzano non è una metafora. ho annaffiato le viole con le lacrime e i singhiozzi, piegata a metà. ho lasciato che braccia amiche mi sorreggessero e mi stringessero. e ho detto addio a de andrè. e, per un certo periodo, a tutta la musica.

ho tappato le orecchie e schiacciato molti stop.

poi è arrivata altra musica. un ipod intero. tanti concerti. una nuova nostra musica. ma de andrè no. fino all'altro giorno. per obbligo e per sfida. perché “anche così si diventa grandi”.

fatta a pezzetti.

e quando una parte di te viene smontata, puoi star certo che tutta la tua costruzione di certezze viene giù. e ti trovi con millle pezzetti in mano, e nessuna idea di come ricostruirli. e ricostruirti.

con quella domanda che ti spezza il fiato e che sussurra. continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?

lunedì 1 dicembre 2008

l'eleganza delle donne in trasferta

Sono chic le donne milanesi a Roma. Sanno distinguersi. Il vecchio edicolante di San Lorenzo in Lucina è infallibile nel riconoscerle. Dice che le bellezze romane sono “smandrappate”, mentre quelle di Milano portano sempre addosso qualcosa intonato al colore dei loro occhi.

(dario cresto-dina, la repubblica di milano di oggi + justatmidnight)