giovedì 28 marzo 2013

le mie mani nelle tue mani

valeria ha le dita sottili e parla a voce bassa. è piccola e magra come me, avrà la mia età, forse un po' meno. la guardo come si guarderebbe un alchimista, mentre taglia un foglio di plastica e lo modella con l'acqua calda. mi riempie di sorpresa immaginare che diventerà un tutore per il mio polso.

mi chiede che lavoro faccio. la giornalista, rispondo. mi chiede dove, glielo dico. «so che è un brutto momento per voi, conosco una persona che ci lavora». annuisco. «ma tu sei assunta?». no, ho un contratto precario, le spiego.

valeria avvicina il viso e sussurra con un filo di voce: «anch'io, scade tra una settimana».

via | weheartit
restiamo in silenzio. accanto a me, una fisioterapista cura con dolcezza una ragazza con le dita mezze distrutte. distolgo lo sguardo dai punti, avverto la vertigine.

valeria continua il suo lavoro con calma e attenzione, come se un tutore per un polso nemmeno troppo mal messo fosse la cosa più importante del mondo. penso alla mia amica dottoressa neo-specializzata. 

ascolto i discorsi delle ragazze in divisa blu e bianca. sono discorsi importanti. sembrano stanche. mi chiedo che senso abbia che le loro mani siano mani precarie.

valeria finisce. la ringrazio per quanto ha fatto e le auguro in bocca al lupo per il suo lavoro. «anche a te». crepi, crepi il lupo. 

venerdì 22 marzo 2013

storie di amore e di lavoro (o della precarietà)

le storie di amore e quelle di lavoro si assomigliano. che siano precarie o a tempo indeterminato, avventure di una notte o cococo. all'inizio ci si studia. si prendono le misure, ci si mette il vestito più bello. si mostra il lato più interessante. si valutano gli interessi comuni.

erwitt elliott
poi, a volte (non sempre), scatta qualcosa. sono i giorni dell'entusiasmo, quelli in cui agli amici parli solo di quello (del nuovo lavoro, del nuovo amore). quasi fossi la prima persona sulla terra a uscire con qualcuno o ad avere un impiego.

all'inizio nessuno ha idea di come andrà. durerà? finirà? è lui, quello della mia vita? tante domande, zero risposte. ma non importa, avanti così, perché ci siamo solo noi.

pian piano l'eccezionalità diventa normalità. i binari quelli della quotidianità. si fa quel che si deve, si affrontano i problemi (a volte da soli, a volte insieme). si perde il brivido, si tende ad andare a marcia costante.

rassicura. non eccita forse, ma rassicura.

passano i mesi, passano gli anni. qualche brivido («mi rinnovano o no il contratto di un anno?»). poi, di solito, c'è bisogno del salto. dell'upgrade. mi sposo, faccio un figlio, vado a convivere, ho un aumento, ho una promozione, ho un tempo indeterminato.

per alcuni funziona. è un nuovo inizio. un progetto comune. per altri no: i motivi sono mille, ma semplicemente non va.

allora si entra nello stallo. quando sai che è finita, che dovreste solo lasciarvi liberi. che non ha più senso stare insieme. si diventa freddi, svogliati, si inizia a guardarsi intorno. si fa di tutto per essere lasciati.

(chiudere le porte, in tutti i casi, terrorizza)

solo i più coraggiosi troncano di netto, con un addio o una lettera di dimissioni. gli altri aspettano, sapendo che la fine prima o poi arriverà.

ecco, io sono esattamente qui. 

mercoledì 20 marzo 2013

ho voglia di

quasi ogni giorno, a un certo punto, scatta il momento ho-voglia-di. il desiderio fortissimo di qualcosa, qualcuno. di essere altrove. di solito spunta mentre sono alla scrivania. o in metro. o mentre cammino. ho voglia di.

i tardi pomeriggi già pieni di luce mi fanno venire voglia di una birretta all'aperto. i giorni di sole di andare al mare. i cieli blu con l'aria fredda di stare in montagna.

certe canzoni sparate nelle orecchie mi fanno di venire voglia di saltare e sudare. certo swing mi butta nei piedi la smania di ballare lindy hop, come ho visto fare un pomeriggio nel parco-ex-fiume di valencia.

poi ci sono giorni che ho voglia di partire, di stare sotto al piumone, di piantare i peperoncini che arrivano dall'altra parte dell'oceano. ho voglia di cucinare dolci, di un bicchiere di vino, di cibo etnico. ho voglia di avere certe persone accanto, di carezze, di pelle. di roma, dei posti in cui sono stata, del pane che profuma, di focaccia, di sabbia.

a volte condivido la mia smania, a volte la tengo per me. quando la voglia arriva, sento che sarei capace di mollare tutto per seguirla. non lo faccio, perché in fondo sono un persona equilibrata. ma la voglia resta lì, come un piccolo progetto. e, ogni tanto, si avvera.