sono storie facili (braccio al cielo) come quelle che (salto) ti raccontavano da piccolo (testa) e tu credevi vere (salto) come è stato facile restare fermo immobile (colpo di spalla, controcolpo di testa) chiudendo gli occhi e rinunciando a vedere (non ci vedo più. davvero).
i linea 77 suonano la penultima canzone mentre i cinghiali ballano a bardineto. io registro mentalmente l'arco che compiono gli occhiali rossi. sono sul naso, salgono come se volessero diventare un cerchietto, scavalcano la sommità della testa, scivolano dietro.
buio. non ci vedo.
ci metto un lungo istante prima di allungare la mano verso fabio e urlargli i miei occhiali. mi sono caduti gli occhiali. fermi tutti, intorno a me si forma un cerchio di vuoto. mani amiche e sconosciute tastano la terra. poi mi diranno che all'inizio neanche l'avevano realizzato, cosa dovevano cercare. la frà l'ha capito fissando i miei occhi nudi.
non so quanto duri, la recherche. so che sto immobile, ho provato a toccare a terra ma ho trovato solo un bicchiere schiacciato. non sono molto utile. non so quanto duri, ma so che ricomincio a respirare quando fabio riemerge con gli occhiali in mano.
(c'è questa differenza enorme, quando succede un piccola cosa che però potrebbe costarti cara, tra l'appena prima e l'appena dopo).
sono ammaccati. una stanghetta se ne viene via. io osservo il nulla, il mio mondo di sfumature forzate. scotch, dico, attaccali con lo scotch. mi lascio portare fuori dalla ressa. sento le lacrime pulsare negli occhi. spavento e paura esplodono sempre un attimo dopo. e il cervello mi si intasa di pensieri veloci. cambiare gli occhiali, per chi con gli occhiali ci vive, vuol dire cambiare la faccia. mica nulla.
fabio me li restituisce traballanti e con uno spesso nastro adesivo nero in un angolo. fanno schifo, si reggono a malapena in piedi ma almeno vedo. piango.
succede sempre d'estate, d'agosto. due anni fa, sciacquo la faccia nel bagno della redazione all'ottavo piano del palazzo di vetri. li ho appoggiati sul lavandino. li riprendo e una stanghetta si stacca.
l'anno scorso, metto piede a valencia e quelli da sole scivolano fuori dalla borsa, in qualche angolo tra l'aeroporto e la metro.
e poi oggi. fra 12 mesi ricordatemi di attaccarmeli alle orecchie a sventola.
i linea 77 suonano la penultima canzone mentre i cinghiali ballano a bardineto. io registro mentalmente l'arco che compiono gli occhiali rossi. sono sul naso, salgono come se volessero diventare un cerchietto, scavalcano la sommità della testa, scivolano dietro.
buio. non ci vedo.
ci metto un lungo istante prima di allungare la mano verso fabio e urlargli i miei occhiali. mi sono caduti gli occhiali. fermi tutti, intorno a me si forma un cerchio di vuoto. mani amiche e sconosciute tastano la terra. poi mi diranno che all'inizio neanche l'avevano realizzato, cosa dovevano cercare. la frà l'ha capito fissando i miei occhi nudi.
non so quanto duri, la recherche. so che sto immobile, ho provato a toccare a terra ma ho trovato solo un bicchiere schiacciato. non sono molto utile. non so quanto duri, ma so che ricomincio a respirare quando fabio riemerge con gli occhiali in mano.
(c'è questa differenza enorme, quando succede un piccola cosa che però potrebbe costarti cara, tra l'appena prima e l'appena dopo).
sono ammaccati. una stanghetta se ne viene via. io osservo il nulla, il mio mondo di sfumature forzate. scotch, dico, attaccali con lo scotch. mi lascio portare fuori dalla ressa. sento le lacrime pulsare negli occhi. spavento e paura esplodono sempre un attimo dopo. e il cervello mi si intasa di pensieri veloci. cambiare gli occhiali, per chi con gli occhiali ci vive, vuol dire cambiare la faccia. mica nulla.
fabio me li restituisce traballanti e con uno spesso nastro adesivo nero in un angolo. fanno schifo, si reggono a malapena in piedi ma almeno vedo. piango.
succede sempre d'estate, d'agosto. due anni fa, sciacquo la faccia nel bagno della redazione all'ottavo piano del palazzo di vetri. li ho appoggiati sul lavandino. li riprendo e una stanghetta si stacca.
l'anno scorso, metto piede a valencia e quelli da sole scivolano fuori dalla borsa, in qualche angolo tra l'aeroporto e la metro.
e poi oggi. fra 12 mesi ricordatemi di attaccarmeli alle orecchie a sventola.