sabato 29 gennaio 2011

freddy & the city

a new york, una settimana fa (considerando il fuso), ero a central park a fare il mio ultimo brunch newyorkese. a mangiare eggs benedict, che sono uova in camicia, bacon e quello che loro chiamano english muffin. ero seduta davanti a una vetrata, lo sguardo sul laghetto ghiacciato del giovane holden, sulla neve, sugli alberi. fino, laggiù in fondo, ai palazzi che fanno da perimetro al parco.

a new york il sabato e la domenica si fa il brunch, che è un pranzo-colazione che non c'entra nulla con quello che hanno importato a milano. e il resto della settimana si mangia comunque tanto, troppo. si mangia vietnamita, cinese, francese, giapponese, atzeco, bbq. si mangiano hot dog, hamburger, cup cakes, cheesecake, bagel, cookies, scone, muffins.

a new york si bevono bicchieroni di tè o caffè, che quando li compri sono bollenti in un modo ingestibile. e prima di avvicinarli alla bocca devi aspettare decine di minuti. immagino sia per questo che tutti se li portano in giro: sperano che l'aria gelida li faccia raffreddare.

a new york fa freddo, freddo davvero. a gennaio il termometro se ne rimane sotto lo zero. il paraorecchi è l'unico mezzo di sopravvivenza. e quando piove lo fa con così tanta convinzione che alla fine l'acqua arriva a bagnare anche il dentro del cappotto.

a new york la neve scende anche quando non nevica più. anche quando sopra la testa hai un cielo blu blu, senza nuvole. una questione di vento e di palazzi troppo alti, credo. fa uno strano effetto.

a new york i grattacieli tolgono il fiato. li guardi dal basso, con il naso all'insù, e ti incantano. tutti vicini, indifferenti alla tua nanità. oppure schierati uno accanto all'altro nello skyline di manhattan, da brooklyn o dal ferry per staten island.

a new york i quartieri sono tanti e diversissimi. dalle luci stile las vegas di times square alla zona fricchettona dell'east village, dalla sfattanza di williamsburg all'aria chic dell'upper east side. e poi chinatown, che fa un po' impressione, harlem, wall strett, chelsea, il west village...

a new york le strade sono lunghissime, corrono per il lungo e per il largo di manhattan. sapere il numero civico di un posto non ti serve a nulla. hai bisogno dell'incrocio. dopo un giorno, ti sembra il metodo più logico della terra. e lo stesso vale per le fermate della metropolitana.

a new york si va in taxi e si paga tutto con la carta di credito. si può tranquillamente saldare un conto al ristorante usandone otto diverse, di carte. al prezzo segnato devi aggiungere le tasse (o la mancia) e insomma non ci si capisce niente. credo che sia per questo che tutti usano la visa.

a new york dicendo «i'm an italian journalist» e facendo vedere il tesserino posso entrare in tutti i musei gratis.

a new york i commessi e i camerieri sono super gentili ed esaltati. ti chiedono come stai quando entri nei negozi (how're you today?) e ti salutano per ore quando esci. e tutto, tutto è lovely.

a new york bisogna fare la manicure, per sentirsi davvero newyorkesi. a me l'ha fatta una che parlava solo spagnolo. alla fine ero orgogliosa delle mie unghie laccate di rosso, che però ho subito rovinato giocando a bowling a brooklyn. scoprendo che gli americani si esaltano, per palle e birilli. «che bravo, hai fatto strike!», ho detto io. «bè, ma io sono americano», mi ha risposto lui.

martedì 25 gennaio 2011

l'ultimo col 2 davanti

l'ultimo compleanno con il 2 davanti inizia con un abbraccio col pacs in cucina, pochi istanti dopo che l'orologio tirolese ha segnato la mezzanotte. un gesto che sa di casa.

prima c'era stato l'aperitivo vinoso con la famiglia, in questa casa che da famiglia proprio non è. poi iniziano ad arrivare i messaggi di chi è accanto da sempre o da un bel po'. e il sono-quasi-trenta fa un po' meno ansia.

«anzi, sai che ti dirò? 29 mi sembrano più cool di 28».


photo | pandipanna

mercoledì 19 gennaio 2011

take the A train

duke (ellington) suggeriva di prendere la linea A per andare su, uptown, ad harlem. io mi sono accontentata di una subway generica, ma a sentire jazz al shrine, proprio accanto a malcom x blvd, ieri ci sono stata.

venerdì 14 gennaio 2011

domanda/risposta

lui: «tu sei stata fidanzata?»

io: «ma con cosa?»

(ok, è una delle risposte più stupide della terra. ma anche la domanda sfiorava l'incomprensibile, passatemelo. sarà che di notte a milano, quando si guida nella nebbia fitta fitta, anche la comunicazione diventa surreale)

martedì 11 gennaio 2011

pensando a

sognai talmente forte
che mi uscì sangue dal naso

fabrizio de andré,
11 gennaio 1999 / 2011

venerdì 7 gennaio 2011

to do list

i giorni prima di una partenza sembrano sempre ridotti all'osso, pieni zeppi, appena sufficienti - purtroppo o per fortuna. così nella mente cerco di incastrare valigia da fare, libri da leggere, film da vedere prima di volare a NY. senza dimenticare le cose normali, tipo andare a lavorare.

la mia to do list è (ovviamente) sregolata e in continua evoluzione. ieri, dal fido compare che mi aspetta in riva all'hudson, sono arrivati i film da rivedere prima del volo... certo, lui non tiene conto del fatto che ho visto 300 volte tutto sex and the city e che ho appena riguardato colazione da tiffany ;)

l'altra to do list è quella da spuntare una volta a manhattan. ho chiesto a un po' di amici che ci sono appena stati, perché mi pare il modo migliore per andare alla scoperta di una città. soprattutto quando c'è un freddo cane e ogni tappa al caldo è una benedizione. qualche dritta?


photo via | weheartit