lunedì 31 dicembre 2012

buoni propositi e prime volte

ieri, leggendo l'editoriale di internazionale sui buoni propositi per il 2013, ho cercato di ricordarmi vagamente quali fossero i miei per lo scorso anno, il 2012. ho scartabellato nella mente, e non me ne sono ricordata neanche uno (ne avevo? chi può dirlo). 

ho pensato però a un buon proposito valido per tutte le stagioni, copyright dell'amico fabiac: imparare a fare cose nuove. e ho scoperto che, in fondo, il 2012 è stato un anno pieno di prime volte.

corso san gottardo, milano
nel 2012 ho compiuto 30 anni. ho fatto l'esame da giornalista. ho ordinato piatti di pesce. ho dato le dimissioni. ho fatto un viaggio da sola. ho lavorato al corriere della sera. ho imparato a ballare lindy hop. ho tentato di coprire i capelli bianchi. ho iniziato a usare twitter, instagram, l'iphone e l'ipad. mi hanno rubato la bici. ho dormito in un trullo. sono stata in danimarca.

è stato un anno strano, è stato un anno pieno, è stato un anno sospeso. un anno di pancia, di emozioni, di danze. e per il 2013, l'unica cosa che posso augurarmi è che mi regali tante altre prime volte.

giovedì 13 dicembre 2012

trastevere blues

«e roma? quand'è che torni a roma?». il mio amico davide vive tra barcellona e berlino. sei mesi di qua, sei mesi di là, inseguendo le stagioni. gira mezzo mondo per lavoro e ogni tanto torna a milano. non ha ancora ben chiaro dove sia casa per lui. ma ha un'idea ben precisa di dove lo sia per me.

capita quando ci vediamo, o quando ci scriviamo. «non hai in programma di tornare a roma?», mi chiede. «dovresti farlo: ami quella città, ti appartiene. sono sicuro che prima o poi ci tornerai», mi scrive.

a me ogni volta vibra il cuore. sono cinque anni che me ne sono andata dalla capitale, inseguendo un lavoro e la sicurezza di una rete antica di amici. ho sofferto tornando a milano, poi ci ho fatto l'abitudine e mi sono adattata.

eppure. eppure domenica scorsa camminavo a trastevere, nell'aria gelata e sotto un cielo blu da togliere il fiato. camminavo e mi pareva di bermeli con gli occhi i vicoli, le case, le terrazze. le piazze, inondate di luce, i ristoranti con i turisti seduti all'aperto nonostante il freddo, gli angoli nascosti. 


trastevere al di qua e al di là di viale trastevere, da una parte negozi e locali, dall'altra case silenziose. quando sono andata a vivere a roma, di trastevere non capivo niente. era un dedalo in cui mi perdevo ogni volta. ora no, ora ci scivolo dentro come se fosse casa, sfiorando immagini e ricordi.

(«ci compreremo una casa a trastevere», ci dicevamo, prima che il mio cuore si spezzasse.)

così, mentre il freddo mi bruciava le dite e la luce picchiava contro gli occhiali da sole, ho pensato a davide. «e roma? quand'è che torni a roma?». già: quando?

martedì 23 ottobre 2012

il segno dell'estate

nonostante ottobre, nonostante l'autunno, continuo a mettere le ballerine senza calze. accanto allo scollo, se guardi bene, resiste il segno lasciato dai sandali nelle due settimane di andalusia. o forse sono solo io che ne riconosco la traccia, perché so che ore di sole e d'estate non si cancellano facilmente. perché una striscia di pelle pallida è, in fondo, un buon ricordo.

mercoledì 10 ottobre 2012

palabras

una volta preso atto che, in viaggio, il laboratorio di spagnolo fatto all'università non mi sarebbe servito a niente, mi sono semplicemente lasciata travolgere dalle parole. di tre espressioni, sentite mille volte, mi sono innamorata: 
* me encanta
* preciosa
* yo estoy alegre

(e non per vantarmi, ma a volte stavano parlando proprio di me...)

domenica 7 ottobre 2012

della mia bici rubata

quando dal tram ho lanciato un'occhiata al parcheggio delle bici in porta genova, quello sotto al ponte di ferro, mi è tremato il cuore. la mia adorata bici leri, regalo della prima laurea, non era più lì. 

sono bastate tre ore in pieno giorno, in pieno centro, in pieno sabato. pfff, volatilizzata, insieme alla catena gigante prestata da lina. sono rimasta di sasso. mi è salita la rabbia, lo sconforto, l'impotenza. un pensiero di vendetta-tremenda-vendetta.

mi sono ricordata di un sito per segnalare i furti di biciclette (rubbici.it), fatto. tra l'altro hanno un interessante vademecum per la sicurezza delle due ruote, che sarebbe da leggere prima di farsele rubare.

già che ci sono, lancio pure qui un annuncio. se state per comprare a milano una bici usata, ricordate che potrebbe essere rubata ed essere mia. guardate bene in faccia il tizio che ve la vuole vendere (noterete spasmi sul suo viso: sono le maledizioni e gli auguri di dissenteria cronica che gli sto lanciando) e guardate la bici in questione. se: 

- è una bici da donna nera con i freni a bacchetta della leri
- ha un adesivo dorato con la scrita leri in maiuscolo sulla canna e altri adesivi della bicicletteria di via washington
- ha un cestino di metallo nero (tipo rete) ovale, un po' ammaccato di lato
- ha il sellino nero con le molle
- ha il campanello storto che suona a fatica
- ha gli elastici sulla ruota posteriore un po' smollati
- ha la luce davanti "moderna" e non quella old style di serie

bè, sappiate che quella bici è mia. e ribadisco: il mio unico pensiero oggi è vendetta-tremenda-vendetta. 

amarcord: quando sbiciclettavamo insieme al parco

sabato 6 ottobre 2012

«e com'è viaggiare da sola?»

«e com'è viaggiare da sola?». me l'hanno chiesto in tanti, durante il giro in andalusia e al ritorno (prima che partissi, invece, il commento era più «oddio! parti da sola!»). 

com'è? è bello, viaggiare da sola. è strano, all'inizio. soprattutto per una persona che parla tanto. il silenzio diventa la normalità, al punto che quando ci si ascolta parlare (col cameriere, con la tizia dell'ostello) capita quasi di agistarsi un po'. a me capitava, a sevilla. quando era il momento di cercare di aprire bocca per esprimermi nel mio italo-spagnolo, pensavo: «sono ore che non parlo». 

la cosa bella è che non si sente alcun bisogno di riempire quel silenzio. l'ipod è rimasto sempre in borsa, tranne che nei lunghi viaggi in bus. 

poi la modalità «in solitaria» diventa quotidiana. si conoscono persone, proprio perché non si ha più l'urgenza di farlo. si attacca a parlare con tutti. si sorride di più. l'orecchio si allena a passare da una lingua all'altra. 

e stando con gli altri, per un minuto o per un giorno, per una cena o una visita della città, si scopre molto di sé. qual è la prima impressione che si trasmette, come ci si offre agli altri. è come tirare fuori un concentrato di sé, a disposizione di chi ha poco tempo per conoscerci. e il bello, di solito, che quel concentrato è tutto il meglio che abbiamo. 

la mia paura, prima di partire, erano i momenti vuoti. era di incastrarmi in pensieri poco positivi, di trovarmi con la testa piena e il cuore pesante, senza nessuno con cui condividere le emozioni. bè, i pensieri bui sono rimasti ben lontani dall'andalusia (tranne qualche fugace incubo notturno, ma che ci possiamo fare, è l'inconscio). 

e poi ho scoperto che non mi mancava una compagnia in generale. mi mancavano le singole persone, quelle a cui voglio bene, nei singoli momenti. davanti a un paesaggio, a una tapas o a una musica, avrei voluto avere accanto uno specifico amico, una specifica amica. e questo, mi vien da pensare, significa che ovunque andiamo ci portiamo dietro chi abbiamo nel cuore.

(davanti all'oceano, tarifa)

mercoledì 3 ottobre 2012

la mia andalusia

io. uno zaino. sedici giorni. 1800 km. 15 città: sevilla, tarifa, gibilterra, cadiz, jerez de la frontera, arcos de la frontera, ronda, cordoba, granada, almeria, san josé, cabo de gata, alicante, elche, valencia. 14 bus, due aerei, un treno, una bici, una metro. undici letti cambiati. 

andalusia. oceano e mediterraneo. moschee, alcazar e cattedrali. arabi e cristiani. tapas e cañas. reggae, flamenco e swing. tante persone e lingue che si intrecciano: italiano, spagnolo, inglese. 

caldo e freddo. nuvole e sole che brucia la pelle. un alluvione e una tempesta sulla spiaggia. una sbornia e mezza. sandali. natura e città, mare e montagna. 

immagini che riempiono gli occhi, profumi che riempiono il naso. un viaggio che riempie il cuore e la testa. quando si torna, bisogna avere molta cautela nel reimmergersi nella realtà. 

lunedì 24 settembre 2012

ronda

ci sono posti che ti rubano il cuore. a volte succede, viaggiando, di incontrarne uno. lo senti subito, se è il tuo posto. lo senti nella pancia, lo senti negli occhi.

il mio posto, in questo lungo viaggio andaluso, credo sia ronda. un pueblo blanco sul cucuzzolo di una rupe, a strapiombo su una gola.

intorno, la campagna e le montagne bruciate dal sole. dentro, una ciudad antiqua eredità dei mori, un ponte che pare sospeso, stradine e case immacolate.

toglie il fiato, ronda. e riempie i polmoni di profumi, di fichi, di mandorle, di fichi d'india. di mediterraneo.

ruba il cuore, ronda, per ridartelo indietro pieno.

(per dire: questa era la vista dal terrazzo dalla mia stanza all'ostello babia)

domenica 16 settembre 2012

andalusia portami via

che dire, io parto. l'andalusia portami via - my 30s lonely tour sta per iniziare. fra 24 ore sarò a sevilla, ormai ambientata tra le stradine del centro. 

poi tarifa cadice ronda cordoba granada almeria... su su, fino a valencia. tante tappe, tanti chilometri. uno zaino compatto e pesantissimo. un programma un po' deciso e un po' da inventare. 

quindici giorni a respirare mediterraneo, a riempire gli occhi e la testa, a guardare fuori dal finestrino di un autobus e a pensarsi. io parto, poi a ottobre si vedrà.

mercoledì 22 agosto 2012

trova le differenze

ieri, dopo aver ricevuto un paio di mail da vari punti del mondo, ho guardato la mia collega da sopra il pc e ho voluto condividere con lei una considerazione. questa. 

mia sorella è qui:

la mia amica frà è qui:

e noi siamo qui (a grondare sudore):

martedì 14 agosto 2012

il cielo a ferragosto

il 14 di agosto milano si mette un abitino mesto, quasi grigio. dalle finestre aperte entrano i pochi rumori della strada - l'autobus, un motorino, un tizio che scopa il marciapiede. entra l'aria quasi fresca, che non ti aspetti a ferragosto. sembra una domenica d'inizio autunno, al massimo. 

la sensazione è quella di vivere un jetlag spazio/temporale. ieri ero su una spiaggetta a varigotti, a farmi abbracciare dal sole e dal mare che tutto leniscono. oggi sono sotto questo cielo grigino. stasera sarò a grigliare al mare. 

un po' mi confondo. e ho il cuore che batte leggermente fuori fase. 

martedì 31 luglio 2012

primi baci

a stare sdraiati in spiaggia, a lasciare vagare la mente tra il caldo e il dormiveglia, capita di fare percorsi strani. qualche tempo fa, nel torpore del sole di luglio, mi sono incagliata nei primi baci. che - si dice - non si scordano mai. vero. 

una volta ero piccolissima, in una stradina di montagna. e lui, che pure era piccolissimo, mi ha detto: «ti è piaciuto? a me moltissimo». 

una volta era capodanno e sotto c'erano i sud sound system, e un'amicizia si trasformava in qualcosa di molto più complicato. 

una volta ero in un pub, e mi sono trovata a piangere in bagno (e se il buongiorno si vede dal mattino...). 

una volta era finita la scuola ed ero sul gradino del portone di casa. 

una volta tornavo da san lorenzo nei posti dietro della macchina di chi neanche conoscevo, e una nuca mi ha fatta capitolare. 

una volta ero avvolta da nubi dolciastre, a piazza bologna. 

una volta ero al tavolino di un bar, con molta tristezza e molto alcol. 

una volta avevo un casco in testa, ed è stato talmente inaspettato da liberarmi.

una volta ero alla darsena, con i navigli al tramonto negli occhi. 

una volta guardavo fotografie, seduta sul pavimento di casa mia. 

(e niente, ho scoperto che la maggior parte delle volte ero leggermente stonata... sarà normale?)

domenica 15 luglio 2012

un foglio bianco

venerdì sera ho impacchettato tre anni di redazione dentro una grande borsa di cotone bianca. ho pulito il desktop del mac, ho fatto una pila ordinata di fogli e appunti sulla scrivania, ho svuotato i cassetti. 

ho salutato il grande palazzo che dovrebbe sembrare un codice a barre e me ne sono andata, nella luce bella che hanno le sere estive a ora di cena. 

ci sono abituata, a salutare le redazioni. e questo poi è un arrivederci, non un addio. «au revoir, ci si vede in autunno». io intanto vado in vacanza in un'altra redazione, in un altro palazzo. a vedere che significa, passare due mesi dove si fanno giornali da 120 anni. 

ci sono abituata, a iniziare nuove avventure lavorative. non sono emozionata, non sono preoccupata. sono tranquilla.

anche se è una sensazione strana, quella di essere un foglio bianco. di essere completamente svuotata, mentre fuori tira un vento buono e milano sembra mare. e la voglia di acqua salata, spiaggia e occhi socchiusi dal sole si fa spazio in un qualche angolo sotto lo sterno.


lunedì 9 luglio 2012

saudade

stamattina alle 6.22 mi hanno svegliata i gabbiani. ho aperto gli occhi e dal lucernario della mansarda entrava la luce brillante e piena delle giornate terse al mare. 

tre ore più tardi stavo entrando nella metropolitana a milano, dopo un viaggio in auto semiaddormentata di cui non ho coscienza. e davanti ai tornelli mi è venuta una botta di ansia, una specie di attacco di mal di vivere cittadino. ho pensato al discorso di amico che è scappato da lisbona per tornare sull'oceano, alla domenica passata in mezzo al verde tra le vigne, al cibo mangiato con le mani e ai bicchieri scambiati, ai piedi nella sabbia, alle jam session improvvisate, ai caruggi di notte, alla pennichelle in amaca. 

mi è preso un groppo alla gola e una malinconia strana. dietro gli occhiali da sole è scesa una lacrima, che non ho potuto (o voluto) fermare. come si dirà saudade, in ligure? 

martedì 22 maggio 2012

focaccia a colazione

è una questione di radici. per chi è ligure (per davvero, vagamente o d'adozione), la colazione significa focaccia. calda, croccante, unticcia. meravigliosamente salata, con i suoi occhietti bianchi d'olio. altroché brioche e cornetti. 

e la focaccia si puccia. si puccia nel latte, nel caffè latte o nel cappuccino. è un atto di fede, se non ce l'hai nel dna. conosco gente che piuttosto si lascerebbe morire di fame. altra che quasi mi ha tolto il saluto. ma vi assicuro: è una delle cose più buone del mondo. parola del mio sangue mezzo ligure. 


martedì 15 maggio 2012

naso rosso

quando firmo la casellina che sta sotto lo spazio del 5x1000 mi sento sempre un po' adulta. mi pare un gesto da grandi. sono pochi spicci, lo so, eppure mi piace l'idea che parte del mio lavoro serva a qualcosa, a qualcuno.

per questo rinnovo l'appello-spam che ho fatto 12 mesi fa. anche quest'anno i miei eurini del 5x1000 li darò all'associazione di clown dottori in cui lavora mia sorella. sono una squadra di attori/artisti, formati con un corso serio e seguiti da esperti e psicoterapeuti, che lavorano in alcuni grandi ospedali romani. non sono né dottori né volontari, sono professionisti che grazie agli altalenanti bandi del comune possono portare un sorriso nei reparti di pediatria.

l'amore fraterno non c'entra con la mia decisione. c'entrano i racconti di mia sorella - i bambini che smettono di urlare mentre il medico sta cambiando loro la fasciatura su un'ustione, i genitori che riprendono colore quando loro figlio accetta di mangiare dopo aver giocato con le bolle di sapone, i piccoli malati che migliorano o che trovano un modo per andare avanti. c'entra il fatto che pensavo fossero dei mattachioni che fanno scherzi in sala d'attesa, e invece ho scoperto un mondo di persone che prendono in maniera terribilmente seria il sorriso degli altri.

insomma, se non sapete a chi darlo il vostro 5x1000, se vi va potete sostenere il loro lavoro. loro si chiamano magicaburla, nella sezione aiutaci del sito c'è il codice (09932151005) che serve per fare la donazione. tutto qua. 

domenica 13 maggio 2012

a milano d'estate è bello fare cose

l'estate mi mette smania di fare. uscire, ballare, scoprire. così, quando la temperatura milanese inizia a salire, faccio una sorta di agenda delle cose che vorrei fare. me le segno sulla moleskine, sul calendario, su fogli volanti che poi perdo. quest'anno ho fatto anche un tentativo con seimila app, abbandonando dopo un secondo.

e allora, dato che a milano d'estate è bello fare cose ma è bello farle insieme, ho pensato di annotarle qua. e di aggiornarle, man mano. vedi mai che qualcuno abbia voglia di farmi compagnia. o di suggerirmi un must to che mi sarei persa. 

MAGGIO
19>27 milano food week
25 spazio petardo allo spazio aurora di rozzano
25>27 peperoncino sud festival all'arci svolta di rozzano
31 zibba e almalibre al blue note

GIUGNO
15>17 mi ami al magnolia (segnalo, ma io sarò in terra sicula)
23 omaggio a de andrè al carroponte (segnalo, ma io sarò in terra campana)
26 paolo conte a villa arconati

LUGLIO
2 notte della taranta con einaudi a villa arconati
13 caparezza al carroponte
14 ben l'oncle soul a villa arconati
18 yann tiersen al carroponte
18 ben harper a vigevano
19 lenny kravitz a vigevano

AGOSTO
3 banda osiris al carroponte

(last update: 21 maggio)

mercoledì 25 aprile 2012

il corso monografico

quando stai con qualcuno è come frequentare un corso monografico su quella persona. e quando ti lascia quello che hai imparato è inutile... è l'equivalente emotivo di una laurea in lettere.

how i met your mother

domenica 22 aprile 2012

le mani nella terra

oggi è la giornata mondiale della terra (lo dice pure il doodle di google). per festeggiare, mi sono rimboccata le maniche e sono uscita sul balcone. ho potato e travasato, ho infilato le dita nel terriccio, ho annusato il profumo di basilico e rosmarino. 

e ora il giardino pensile della california se la ride contento, sotto il cielo blu e le nuvole che vanno e vengono. 


lunedì 16 aprile 2012

la sindrome del weekend

la sindrome da weekend ogni tanto riaffiora. anche quando hai desiderato l'arrivo del venerdì con tutto il cuore. anche quando hai in programma due giorni di impegni fitti. sarà che la pioggia non aiuta. e la sindrome da weekend è leggermente meteoropatica.

ho ballato. ho mangiato sempre fuori. ho attraversato la città. ho partecipato a un compleanno e a un battesimo. ho conosciuto persone nuove. ho scroccato passaggi. ho bevuto. ho fatto una cena di pesce. ho dormito in luoghi e orari improbabili. ho visto mille puntate di how i met your mother.

eppure mi resta dentro uno strascico di insoddisfazione. di tempo vuoto. di ansia sottile. e ora c'è da affrontare il fuori salone (e io mi sono persa anche solo cercando di capire il programma).

(postato dall'iphone rosa)

mercoledì 4 aprile 2012

radar di desideri

davanti a una quiche, si parlava di come nel mondo gay sia diffusa l'abitudine di usare siti e app per trovare qualcuno con cui fare sesso. puro e semplice sesso, nella stramaggioranza dei casi (poi capitano, mi spiegano, quegli appuntamenti in cui dopo cinque minuti capisci che l'altra persona è destinata a non essere solo di passaggio, nella tua vita).

sono radar della scopata, in fondo: vedi chi è in zona e ha la tua stessa voglia, ti accordi, la soddisfi. arrivederci e grazie.

secondo il mio cicerone nel mondo di grindr e compagnia, si tratta semplicemente di questo: ottenere quel che si vuole, senza ipocrisia. dice che anche tra gli etero si stanno diffondendo questi strumenti. ma ci sono resistenze culturali che li frenano.

mi sono chiesta, sorseggiando rum, quale sia la differenza. i desideri, in fondo, sono gli stessi. ma forse tra uomo e donna scatta qualcosa di differente. lui ha bisogno di sentirsi conquistatore, lei di sedurre. insomma, forse di base c'è la voglia di scegliere e di essere scelti. e di faticare un po', per entrare nel raggio del radar dell'altro.

poi mi sono chiesta che cosa ci scriverei, io, nel motore di ricerca di un radar che soddisfa i desideri. e non sto parlando di sesso, non sto parlando di coppia. sto parlando di desideri. di cosa si vuole davvero. e al momento nessuna app interiore mi ha dato una risposta.

(postato dall'iphone rosa)

martedì 20 marzo 2012

e fu amore e fu rivoluzione

prima che il concerto cominciasse, avevo avvertito i miei due compagni di serata, calabrisello uno, campana l'altra, retaggi della vita romana: «guardate che i concerti a milano sono strani, la gente sembra sempre un filo catatonica, non si scalda. non so perché, ma è così: a roma è tutto diverso». 

e invece mannarino decide di smentirmi dalla prima canzone, tirando giù il teatro dal verme pieno zeppo che salta, canta e limona. ed è bellissimo lasciarsi trascinare da lui, con il suo modo di fare tra il timido e il goffo. e sentirlo quasi balbettare «è la milano più bella che abbia mai visto». 


e alla fine a me e al pacs viene pure voglia di pizzica, a sentire scetate vajò. e a me viene voglia di sorridere, attraversando il centro in motorino alle due di notte. a ripensare a tutte le cose che mi aspettano di nuovo, ora che l'esame è archiviato.

domenica 11 marzo 2012

o l'informazione o la vita

«si può avere l’informazione o si può avere una vita, ma non tutte e due le cose» (douglas coupland)

questa frase mi rimbalza nella testa da qualche settimana, da quando l'ho letta grazie a ilpost.it 

ci ripenso e ondeggio tra due interpretazioni. 1) che l'informazione è la vita, e per chi nell'informazione ci lavora è necessario crederci. altrimenti cade tutto, cadono il senso e gli sforzi. 2) che ha ragione coupland, che o si vive o si sta attaccati ai siti, a twitter, ai blog, ai commenti, alla tv, alla tv sul web, alle dirette, ai quotidiani che sono già vecchi alle 10 del mattino, al tg, agli hashtag, ai tumblr, all'ultima polemica. 

il giornalismo è autoreferenziale (non sempre, ma quasi), i giornalisti lo sono ancora di più. e lo dico senza supponenza o sdegno. è così e basta. capita in ogni professione - i notai si accapigliano per cose notarili, i medici si entusiasmano per robe mediche, i meccanici si accendono per motori e pistoni. il fatto è che l'informazione è per sua natura rivolta agli altri. e se diventa una pippa mentale di una nicchia, bè forse si è persa via. 

c'è poi da dire che in questi mesi la mia esistenza si è ridotta a due macrocosmi: lavoro in redazione (informazione) e studio per l'esame da giornalara (informazione). e allora ci vuole poco a convincermi che sì, coupland, hai dannatamente ragione. che la vita è altro. è tutte le cose che sto rimandando a «quando tutto questo sarà finito». ovvero: 

- leggere un romanzo
- ripulire l'ipod e trovare nuova musica
- fare una torta
- fare la spesa
- godermi la primavera
- uscire la sera
- andare a cena fuori
- vedere le mie amiche
- comprare fiori per il balcone
- andare al mare (ma non per stare in casa a studiare)
- andare al cinema
- sentire un concerto
- chiacchierare ore davanti a una birra
- perdere tempo su internet
- fare shopping
- organizzare una gita o un viaggio
- stare sveglia fino a tardi senza sensi di colpa
- conoscere nuove persone

martedì 28 febbraio 2012

piangi e ridi

l'ultima regola dello scorso numero di internazionale recita: piangere di gioia è magnifico, ma piangere dalle risate lo è ancora di più.

a me è capitato di piangere di gioia poche volte nella vita. e credo di ricordarmele tutte.

piangere di felicità è come un orgasmo (e ogni tanto con un orgasmo coincide). ti lascia scosso, senza forza. vuoto e pieno contemporaneamente. felice e spossato. con un buco nello sterno e nella pancia. i singhiozzi che rimbombano. i muscoli indolenziti. come si dice? una dolce morte.

piangere dal ridere è una bomba atomica di endorfine. è un'esplosione che toglie il fiato e allena gli addominali. cura tutti i cattivi pensieri. e la cosa più bella, è che va condiviso. si piange dal ridere insieme agli altri, ed è contagioso, aumentando il rischio di soffocare ridendo.

le lacrime di gioia possono scendere anche se si è da soli. a volte in coppia. raramente davanti a tante persone (a me un diluvio di lacrime, mix di gioia e commozione, è capitato appena tre settimane fa, quando sono piombata bendata nel mezzo di una festa a sorpresa).

e quindi, non lo so se preferisco piangere di gioia o di risate. in entrambi i casi, vale la pena di restare senza respiro almeno per un po'.

(postato dall'iphone rosa)

venerdì 17 febbraio 2012

interregionale

viaggiamo con i finestrini aperti, nonostante sia sera e sia febbraio. nell'interregionale grigio e blu fa un caldo tropicale vagamente malsano.

dal finestrino, oltre il buio e la brutte costruzioni industriali, si intuisce la presenza del mare. in fondo basta sapere che c'è, al di là del vetro.

(postato dall'iphone rosa)

sabato 11 febbraio 2012

lo smalto

- ma quindi cosa farai oggi pomeriggio? 
- non so, leggerò il giornale, manderò qualche mail... poi magari mi metto pure lo smalto. 
- eh, secondo me fai bene. 
- perché, dici che aiuta l'umore? 

mercoledì 25 gennaio 2012

30

sono nata nel 1982, l'anno del mundial. mi ricordo della grande nevicata, tre inverni dopo, ma non della caduta del muro di berlino. mi ricordo della guerra in ex jugoslavia e dei rapimenti. non mi ricordo di tangentopoli. 

avevo 10 anni quando hanno ammazzato falcone e borsellino. avevo 20 anni quando abbiamo speso le ultime lire e iniziato a pagare in euro. e i miei 18 anni sono arrivati insieme al nuovo millenio. 

ho vissuto in due città e ne ho visitate tante. sono stata per mesi su una barca e mi sono innamorata del mare. ho avuto il primo fidanzatino alle elementari e ancora gli voglio bene. e pure a tanti dei fidanzatini successivi, con qualche debita eccezione. 

ho una sorella e tanti amici. ho litigato poche volte, la maggior parte ho dimenticato. altre, appena un paio, no. mi sono persa per lunghi mesi e poi mi sono ritrovata.

ho avuto capelli lunghissimi e cortissimi. ho odiato il mio corpo e l'ho amato. mi sono messa gli occhiali alle medie e da allora non li ho tolti più. ho sempre preferito italiano a matematica. sono stata una secchiona. 

ho fatto danza. sono stata a tanti concerti. non ho mai imparato a suonare uno strumento. non ho fatto l'erasmus. non sono mai (ancora) stata in america del sud, in asia e in australia. 

e insomma, questa sono io. a 30 anni.

(ok, mentre scrivevo c'è stata una scossa di terremoto. mi sa la più forte che io abbia mai sentito. l'ottavo piano ha ballato per un bel po')


venerdì 20 gennaio 2012

and life is like a song

per puro caso, ho scoperto che da oggi etta james non c'è più. e altrettanto per puro caso, che era nata il mio stesso giorno. e che è morta nel compleanno del pacs.

pacs: «vuoi dire che c'è un po' di etta james in noi?»


lunedì 16 gennaio 2012

mio nonno parla da solo

mio nonno ha gli occhi azzurri come il mare quando è calmo. sul mare c'è nato, sul mare ha lavorato per una vita. per decenni ha navigato sui transatlantici che si facevano dall'europa all'america. 

era direttore di sala macchine, che è il gemello invisibile del comandante. il comandante regna sul ponte, il direttore di sala macchine nella pancia della nave. o almeno così l'hanno spiegata a me, facendomi vedere le foto di lui bellissimo in divisa.

mio nonno è passato non so quante volte per il triangolo delle bermuda, si è innamorato della baia di rio e di new york, ha navigato con l'oceano incazzato (mare forza 10, tipo, anche di questo ho visto le foto e sembrava un muro d'acqua). 

mio nonno pure ogni tanto faceva suonare la sirena, di fronte a genova, per salutare mia nonna. e un suo parente (uno zio, credo: non sono molto ferrata sulle questioni familiari, la memoria storica è mia sorella) doveva imbarcarsi sull'andrea doria che poi è affondato. 

mio nonno, mi dice mia mamma, continua a borbottare «ma come si fa a dare in mano a questa gente una nave così grossa». guarda le immagini della costa concordia e si lamenta (parlare da solo è il suo forte). lui di aerei, navi e treni non si è mai fidato. e mi sa che questa storia di una nave colata a picco in una bacinella come il mediterraneo proprio non la manda giù. 

e sono abbastanza certa che, a quasi 90 anni, sarebbe in grado di attaccarti un discorso di ore su cosa hanno sbagliato. e su perché, ovviamente, lui se la sarebbe cavata mooolto meglio. comandi, comandante.


domenica 15 gennaio 2012

la grande sòla

si dice, no? «gli esami non finiscono mai». di solito te lo ricorda un adulto che tenta di indossare un'aria vagamente saggia, mentre tu sudi sangue preparando un appello all'università. o mentre sei alle prese con la maturità. insomma, è un modo per dire «dai retta a me, che di cose della vita ne so: ti aspettano ancora una montagna di sòle». 

ora, il problema è che gli esami non finiranno anche mai. ma la scuola sì. e così quando ci si trova da «grandi» a dover affrontare un qualsiasi tipo di esame (un progetto, un lavoro, quello che volete) la spavalderia dei banchi di scuola non c'è più. non c'è più l'abitudine. non c'è più il ritmo. 

c'è invece un vago senso di straniamento. la vita normale (la vita vera) viene accantonata per un po'. si diventa monotematici. si pensa sempre e solo a quello, dalla mattina alla sera, passando per il tè del pomeriggio. si annullano le uscite. si monopolizza la pazienza di chi c'è accanto. 

e hai voglia a pensare che - appunto - non è la prima né l'ultima prova della tua vita. o che altri prima di te sono sopravvissuti. o che per alcuni ci sono impegni vagamente più importanti (per esempio, mettere al mondo un pupo). 

ma non c'è niente che tenga. devi accettare di essere risucchiato, per un tempo che si spera solo sia ragionevolmente breve (e passi dignitosamente in fretta). perché va bene che «gli esami non finiscono mai», ma almeno tra uno e l'altro vediamo di fare festa. 


martedì 3 gennaio 2012

il primo

solo il primo dell'anno, dopo una notte di festa cinghialosa, possono bastare una birra e una boccia di rosso (in parte pure usata per cucinare la salsiccia) per dissetare 13 persone a cena. strette nella casa-mansarda, attorno a un quintale di pasta alla norma, con gli occhi assonnati e la risata facile. 

e la sensazione che in fondo, se un anno inizia così, non può essere poi tanto male. 

(sperèm)