lunedì 4 maggio 2009

taccuino*

è così che ci sente, il giorno in cui si scopre che presto si sarà disoccupati. così, con la faccia troppo calda, con gli occhio pesanti - visti da fuori devono essere spenti, svuotati. seduta sull'ennesimo treno. sospesa, senza luogo. solo binari, per adesso. non ancora una meta.

le cosce sono calde. hanno assorbito il tepore di un libro grosso, spesso come una mattonella. centinaia di pagine le une sulle altre. il dorso azzurro, la copertina con strani pesci rossi. mi ci sono annegata, in quelle pagine, in quei pesci rossi. nei momenti in cui i pensieri sono troppo lenti o troppo fermi, cerco risposte nei libri. o nei film. come se le storie di altri potessero dare suggerimenti alla mia.

sul tavolino c'è repubblica. intonsa. l'ho comprata stamattina. "per il viaggio", mi sono detta. non la leggerò. non ho voglia. è già vecchia. e poi fa male.

ci sono gli occhiali da sole che hanno protetto l'inizio di questo viaggio (di questo spostamento?). c'è l'ipod, con il filo delle cuffie aggrovigliato come una malattia. mi ha ferito le orecchie, tappate per lunghe ore da una musica bassa, quasi invisibile, pur di non dover ascoltare i discorsi sguaiati degli altri. la voce sgraziata di un tizio brutto, con un occhio storto, che si dannava aggrappato al cellulare per un comunicato stampa.

c'è la moleskine. mi chiedo come la riempirò. per ora penso solo che segnerò la mostra dei matti della giò. il resto si vedrà.

è così che ci si sente, alla fine di una giornata strana, di quelle che non hanno un peso reale. una giornata iniziata presto - prima del solito - per fare una valigia sconclusionata. perché è difficile prevedere i giorni. per me lo è. sono abituata a decidere a caso, sul momento. a seconda dell'umore, della pancia. mi è difficile immaginare la me stessa che sarò domani o dopodomani, in altre città. per questo nelle valigie metto cose che poi non userò. per tenermi una via di fuga, e poi indossare sempre lo stesso maglione.

è così che va. ora fuori è buio. il telefonino, che prima tenevo sulle gambe, sulla pancia, è in bilico sui pesci rossi della copertina. ho pensato alla scrivania da sistemare, ai fogli da buttare, alle righe di inchiostro degli appunti che non servono più. ai numeri di telefono di cui mi dimenticherò. ho pensato che dovrò cambiare palestra, e questa mi è sembrata la cosa più concreta.

*eurostar milano-roma, sera del 30 aprile.

2 commenti:

BIBA ha detto...

tutte le cose nuove/non programmate fanno paura.
perchè rendono chiaro il fatto che il futuro non è per nulla nelle nostre mani.

ti capisco tanto

fe ha detto...

però nel non programmato ci sono anche delle possibilità, nascoste sotto strati di ansie. ora io punto su quelle.