lunedì 27 ottobre 2008

lento cibo

ho assaggiato formaggi di montagna, di quelli che riescono a stenderti anche solo con l'odore. marmellate e dolci. jamon e san daniele. biscotti e pane vero, di quello con la crosta scura e la mollica compatta. melanzane e peperoni. birra e liquore di miele. ho assaggiato una salsa ai capperi, che io i capperi li odio. una marmellata di fichi d'india. la salsa di pomodoro sulle friselle. i datteri che arrivano dal deserto egiziano.

ho respirato gli odori del cibo. del latte e della carne. delle spezie e dell'aceto. ho respirato l'aria di un qualcosa di nuovo, nuovo per me e forse anche per gli altri. ho osservato la gente buttare diligentemente le cose negli appositi contenitori per riciclare. ho parlato con chi crede in quello che fa. nella terra e negli animali.

ho incontrato un contadino svedese al bancomat, gli ho spiegato come si usa il terminale intesasanpaolo e lui mi ha raccontato come fa il pane. ho lasciato che mi abbracciasse per salutarmi mentre ritirava il suo bancomat e l'ho ascoltato dire: you look so honest.

ho seguito, con le cuffie per la traduzione simultanea, il workshop dei giovani del mondo di terra madre e di slow food. ho parlato con il mio vicino, alessio, camice da ricercatore anti-gelmini e pronto a scappare, finito l'incontro, per tornare alla facoltà occupata.

ho visto tante persone lavorare con passione. fare quello in cui credono. ho osservato il mio pass stampa/press, ogni tanto. ho sentito la mia voce rispondere per la prima volta "giornalista", quando mi è stato chiesto "che lavoro fai?".

così è andato il weekend di salone del gusto a torino. così è andato il mio incontro col lento cibo. stancante come solo le cose entusiasmanti possono essere.

ospite da un uomo chiamato testosterone, ottimo padrone di casa e compagno di sonni, birre e giri di notte. dopo un concerto, venerdì, in cui le luci della centrale elettrica si sono accese prima che io arrivassi. ma afterhours e subsonica (e la montà che conta) hanno saputo rimediare.